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Dazi Usa, colpo mortale al made in Italy: “Rischiamo 35 miliardi l’anno”. Allarme di Coldiretti e Confindustria

Pubblicato: 12/07/2025 19:49

I dazi annunciati dal presidente Donald Trump sono solo una lettera, per ora. Ma per l’Italia quella missiva firmata a Washington rischia di trasformarsi in una condanna scritta nero su bianco: 30% di tariffe su tutti i prodotti europei, con effetti potenzialmente devastanti per l’economia reale. Soprattutto per chi vive di export, per chi ogni giorno produce e lavora nelle filiere che hanno reso grande il made in Italy nel mondo.

Coldiretti parla senza mezzi termini di un “colpo mortale”. La stima è netta: oltre 2,3 miliardi di euro potrebbero andare in fumo tra mancate esportazioni e contraccolpi interni, con un danno diretto ai produttori e uno indiretto alle famiglie americane, che si troverebbero a pagare molto di più – o a rinunciare – ai prodotti italiani autentici.

Allarme per l’agroalimentare e le piccole imprese

Le filiere più colpite sono quelle simbolo: formaggi, vini, pomodori trasformati, pasta farcita, marmellate. Se i dazi al 30% andranno in vigore, il carico fiscale complessivo toccherà punte del 45% per i formaggi, 42% per il pomodoro, 35% per il vino, secondo l’analisi Coldiretti. A soffrire di più sarebbero le piccole e medie imprese, quelle che da sole producono quasi 18 miliardi di export negli Usa. Una voce su tre arriva da sole quattro regioni: Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna. Tra le province, spiccano Firenze, Vicenza, Belluno, Arezzo.

Per Confcooperative, quella di Trump è una “mossa da ko tecnico”, mentre l’Europa dimostra ancora una volta “la sua solita inefficacia”. Il presidente Maurizio Gardini denuncia: “Con dazi al 10% avevamo già stimato 68mila occupati in meno e 18 miliardi persi. Ora l’impatto sarà ben peggiore”.

Industriali e artigiani chiedono misure urgenti

“Serve calma e nervi saldi” è il messaggio che arriva dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. Ma la lettera, osserva, è anche “una sgradevole volontà di trattare” e l’Italia non può restare immobile. Confindustria Veneto chiede misure concrete su investimenti, credito e alleggerimento fiscale, mentre per Marco Gay, a capo degli industriali torinesi, è necessario proteggere rapporti consolidati senza cadere in reazioni avventate.

La preoccupazione si estende al mondo dell’artigianato, con Marco Granelli di Confartigianato che sollecita al governo un piano strutturato per diversificare i mercati, investire in innovazione e rafforzare le infrastrutture. “La guerra dei dazi – osserva – può assestare un duro colpo all’export, soprattutto per chi ha costruito la propria crescita sul rapporto con gli Usa”.

Il pericolo dell’italian sounding

Non è solo questione di cifre. L’assenza di prodotti autentici italiani sugli scaffali americani sarebbe un assist alla già fiorente industria del tarocco, stimata in 40 miliardi di euro. Lo sottolinea Coldiretti: “Si alimenta così il fenomeno dell’italian sounding, che danneggia doppiamente le nostre imprese”.

Il Grana Padano, uno dei simboli del made in Italy, rischia di arrivare a prezzi oltre i 50 euro al chilo negli Usa. “Una vera dichiarazione di guerra economica”, commentano dal Consorzio. Ancora più dura la reazione di Confagricoltura, che definisce i dazi “inaccettabili” e “oltre ogni più cupa previsione”. Per Giacomo Ponti, presidente di Federvini, si tratta di “una misura gravissima e ingiustificata”, che colpisce un settore ad alto valore aggiunto e danneggia anche gli operatori americani della filiera.

Pressione diplomatica e unità europea

La parola d’ordine, per molti, resta una: negoziare. Lo ripete Confcommercio, che lancia un appello all’Unione europea perché non si limiti a rispondere con tecnocrazia, ma attivi “una vera strategia diplomatica” per fermare l’escalation. Un messaggio che, a quanto pare, non è ancora stato recepito a Bruxelles.

Dalla Cgia arriva la stima più severa: il rischio è una stangata da 35 miliardi l’anno, tra contrazione delle vendite, perdita di competitività e aumento dei costi. In questo scenario, il timore che circola tra le imprese è quello della desertificazione industriale se non verranno adottati strumenti efficaci a tutela del sistema produttivo europeo.

La posta in gioco, dunque, non riguarda solo l’Italia. Ma se l’Europa non farà sistema e se gli Stati Uniti non torneranno alla logica del commercio reciproco, a pagare sarà un intero continente.

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