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Israele apre il fuoco sulla folla in attesa di aiuti: almeno 27 morti

Pubblicato: 12/07/2025 13:16

Almeno 27 palestinesi sono stati uccisi e oltre 180 feriti questa mattina nella zona di Al-Shakoush, a nord di Rafah, nella Striscia di Gaza meridionale, quando le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro una folla di civili in attesa di aiuti umanitari. A riferirlo sono fonti locali citate dalla Wafa, secondo cui l’attacco sarebbe avvenuto nei pressi di un punto di distribuzione alimentare. Le immagini circolate nelle ultime ore mostrano corpi stesi a terra accanto a sacchi di farina, con ambulanze e volontari costretti a soccorrere tra le macerie.

Fonti mediche locali hanno confermato che il bilancio delle vittime a Gaza è salito a 60 solo oggi, a causa di bombardamenti e sparatorie in diverse aree dell’enclave. Alcuni dei feriti sono in condizioni critiche. L’episodio, che si aggiunge a una lunga serie di attacchi a popolazione non armata, sta già scatenando nuove reazioni diplomatiche e accuse di violazione del diritto internazionale umanitario.

Crollano i colloqui a Doha: “Delegazione israeliana senza poteri reali”

Nel frattempo, secondo quanto riportato dalla BBC, i negoziati in corso a Doha tra Israele e Hamas sarebbero “sull’orlo del fallimento”. Una fonte palestinese coinvolta nei colloqui ha accusato Tel Aviv di aver deliberatamente rallentato le trattative, approfittando della recente visita del premier Benjamin Netanyahu a Washington. Secondo questa versione, Israele avrebbe inviato in Qatar una delegazione priva di potere decisionale, utilizzando l’incontro solo come mossa tattica per prendere tempo e allentare la pressione internazionale.

Il negoziato avrebbe dovuto portare a un cessate il fuoco e a un’intesa sulla liberazione degli ostaggi, ma secondo le stesse fonti la distanza tra le parti resta abissale. Hamas avrebbe accettato un principio di tregua, chiedendo però garanzie concrete sulla fine dell’occupazione militare nella Striscia e sulla riapertura dei valichi umanitari. Israele, da parte sua, insiste sul disarmo totale delle milizie e sul controllo capillare del territorio anche dopo la fine delle ostilità.

Katz minaccia il nord: “Dopo Rafah, Beit Hanoon”

A pesare sull’atmosfera di stallo ci sono anche le dichiarazioni incendiarie del ministro della Difesa israeliano Israel Katz, che oggi ha pubblicato su X una foto delle rovine di Gaza scrivendo: “Dopo Rafah, Beit Hanoon”. Una frase che suona come una minaccia diretta alla popolazione del nord della Striscia, che si trova da settimane sotto assedio. Rafah, completamente devastata, è diventata il simbolo della distruzione: ora le operazioni militari si stanno spostando verso Beit Hanoon, altra città strategica ai confini con Israele.

Secondo diverse organizzazioni umanitarie, le autorità israeliane avrebbero un piano di sfollamento sistematico che mira a concentrare centinaia di migliaia di palestinesi in aree limitate del sud, dove le condizioni sono già al collasso. In ambienti diplomatici si parla apertamente del rischio di creare un campo di concentramento de facto, sulle rovine di Rafah, dove far confluire i sopravvissuti dei bombardamenti.

Onu: “Uccisi 800 palestinesi mentre erano in fila per il cibo”

L’ONU ha denunciato oggi che sono quasi 800 i civili palestinesi uccisi nelle ultime settimane mentre erano in fila per ricevere aiuti alimentari. Una cifra che rende l’episodio di Rafah solo l’ultimo tassello di un disegno più ampio. Secondo le Nazioni Unite, gli attacchi contro i civili che cercano cibo rappresentano una chiara violazione del diritto umanitario e potrebbero configurare crimini di guerra. La denuncia si aggiunge a quelle di Save the Children, Mezzaluna Rossa e Medici Senza Frontiere, che da giorni chiedono un accesso sicuro e continuo agli aiuti.

La Striscia di Gaza è ormai da mesi priva di acqua potabile, elettricità e forniture mediche adeguate. Le code per ricevere sacchi di farina e bottiglie d’acqua si estendono per chilometri. Le famiglie vivono in rifugi di fortuna, sotto la minaccia costante dei raid aerei. L’ultima distribuzione dell’UNRWA è stata interrotta due giorni fa proprio a causa degli attacchi. La situazione umanitaria viene descritta da più voci come catastrofica e prossima al collasso definitivo.

L’Idf dichiara il mare “zona militare”: divieto assoluto di accesso

In un’ulteriore stretta, l’esercito israeliano (IDF) ha ordinato ai civili palestinesi di non avvicinarsi alla costa, dichiarando l’intera area “zona militare chiusa”. Questo significa che anche la pesca — ultima risorsa di sostentamento per migliaia di famiglie — è formalmente vietata, e chiunque provi ad accedere al mare potrà essere colpito senza preavviso. È la prima volta, dall’inizio del conflitto, che l’intera costa viene militarizzata in modo permanente.

Questa misura si somma alla chiusura dei valichi e al blocco totale degli aiuti, confermando che la popolazione civile si trova in una gabbia senza uscita. Le testimonianze raccolte nelle ultime ore descrivono una realtà in cui anche il mare — ultima fuga simbolica — viene negato. L’assedio si stringe e il tempo per la diplomazia, secondo molti analisti, sta finendo.

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