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Dazi, parla Meloni: “Saremmo più deboli. L’Italia farà la sua parte”

Pubblicato: 13/07/2025 20:30

«Il governo italiano è in stretto contatto con la Commissione europea e con tutti gli attori impegnati nella trattativa sui dazi. Una guerra commerciale interna all’Occidente ci renderebbe tutti più deboli di fronte alle sfide globali che insieme affrontiamo». Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel commentare l’annuncio del presidente americano Donald Trump sulle nuove tariffe doganali del 30% che entreranno in vigore dal primo agosto 2025 sui prodotti europei esportati negli Stati Uniti.

Meloni ha sottolineato che «l’Europa ha la forza economica e finanziaria per far valere le proprie ragioni e ottenere un accordo equo e di buon senso. L’Italia farà la sua parte. Come sempre». Le parole della premier indicano un approccio di equilibrio, volto a evitare un’escalation che potrebbe danneggiare entrambi i blocchi economici.

Von der Leyen: preferiamo negoziare ma ci prepariamo alle contromisure

Nel frattempo, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha confermato la posizione dell’Unione europea, ribadendo che «abbiamo sempre detto che preferiamo una soluzione negoziata». Tuttavia, Bruxelles si sta preparando ad eventuali contromisure, con la sospensione temporanea delle misure adottate in aprile fino al 14 luglio e l’ipotesi di proroga in vista dell’entrata in vigore delle tariffe americane.

La strategia europea si muove su un doppio binario: da un lato la diplomazia, dall’altro la preparazione di risposte calibrate per difendere gli interessi dell’Ue, che «è pronta a diversificare le sue relazioni commerciali e a lavorare sul mercato unico», ha aggiunto von der Leyen.

Macron spinge per la linea dura, ma Bruxelles frena

A spingere per una linea più dura è il presidente francese Emmanuel Macron, che ha invocato l’uso dello strumento anti-coercizione, strumento ritenuto però dalla Commissione uno strumento da utilizzare solo in casi straordinari, non ancora raggiunti.

Con l’avvicinarsi della scadenza del primo agosto, cresce dunque la tensione in un contesto in cui la volontà di negoziare coesiste con la necessità di tutelare gli interessi economici europei, in un momento di sfide globali complesse.

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