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Dazi, Trump attacca e Bruxelles risponde. Von der Leyen: “Pronte contromisure”

Pubblicato: 13/07/2025 17:01

È arrivata nelle ultime ore la risposta ufficiale dell’Unione Europea al nuovo ultimatum del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha annunciato l’introduzione di dazi del 30% su tutti i prodotti europei esportati Oltreoceano a partire dal 1° agosto 2025. Una misura unilaterale, pubblicata direttamente dal tycoon sul suo profilo Truth, che riaccende con forza lo scontro commerciale tra le due sponde dell’Atlantico. La replica della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, però, è stata tanto chiara quanto strategica: l’Europa intende mantenere un approccio a doppio binario, puntando fino all’ultimo su una soluzione negoziale, ma preparandosi anche a una reazione immediata nel caso le minacce americane si trasformino in realtà.

Una finestra diplomatica fino al primo agosto

Nel punto stampa convocato a Bruxelles, von der Leyen ha confermato che l’Unione userà “tutto il tempo a disposizione fino al primo agosto” per cercare una via diplomatica. Allo stesso tempo, ha spiegato, la Commissione ha già predisposto contromisure che saranno pronte a scattare nel momento in cui i dazi americani diventeranno effettivi. Il riferimento è a un pacchetto di misure varato già in primavera e congelato per 90 giorni, ora sospeso fino al 14 luglio e probabilmente oggetto di proroga.

L’escalation commerciale dal ritorno di Trump

Il contesto che ha portato a questa situazione è il risultato di una progressiva escalation commerciale avviata dallo stesso Trump all’inizio del 2025, dopo il suo ritorno alla Casa Bianca. Già a febbraio, l’amministrazione statunitense aveva annunciato nuove tariffe su acciaio, alluminio e componenti industriali europei, estese poi a marzo e aprile al settore automobilistico e a beni di largo consumo. L’Unione aveva risposto con misure per un valore stimato di oltre 20 miliardi di euro, salvo sospenderle a inizio maggio per evitare un’escalation in piena campagna elettorale europea. La tregua, però, sembra essere finita.

Due strategie parallele: trattare e difendersi

Secondo fonti comunitarie, la strategia europea ora si articola su due livelli. Il primo è quello diplomatico: Bruxelles è pronta a trattare con Washington per un’intesa parziale che escluda almeno alcuni settori chiave dalle tariffe previste. Nei corridoi della Commissione si parla della possibilità di un mini-deal simile a quello siglato tra Stati Uniti e Regno Unito nel 2024, focalizzato su auto, farmaci e tecnologie verdi. Il secondo livello, però, è più muscolare e prevede l’attivazione del cosiddetto strumento anti-coercizione, un regolamento entrato in vigore nel 2023 e pensato per rispondere a pratiche economiche aggressive da parte di potenze extra-Ue. Le misure europee, in questo scenario, non si limiterebbero ai dazi, ma potrebbero coinvolgere anche servizi, appalti pubblici e investimenti.

Divisioni interne ma linea comune

All’interno dell’Ue, la linea dura trova sostegno da parte di governi come quello francese e tedesco, mentre alcuni Paesi – tra cui Spagna e Svezia – continuano a spingere per un’intesa negoziata. L’Italia, sebbene preoccupata per l’impatto economico dei dazi, ha confermato di condividere la necessità di una risposta coordinata e proporzionata. Sul piano politico, la vicenda rappresenta un banco di prova cruciale per la stessa von der Leyen, che punta alla riconferma alla guida della Commissione con l’appoggio del Partito Popolare Europeo, ma deve ancora ottenere il consenso del Parlamento e dei capi di Stato.

Impatti economici e reazione dei mercati

Intanto, il rischio di un conflitto commerciale su larga scala preoccupa le imprese e i mercati. Secondo uno studio della Banca centrale europea, l’introduzione di dazi generalizzati al 30% da parte degli Stati Uniti comporterebbe una contrazione del PIL europeo di almeno un punto percentuale entro il 2027, con ricadute immediate su export, investimenti e occupazione. Anche l’economia americana, però, ne risentirebbe: i prodotti europei – dalle auto tedesche ai cosmetici francesi – diventerebbero sensibilmente più costosi per i consumatori statunitensi, mentre molte aziende Usa rischierebbero di perdere accesso a forniture critiche provenienti dal Vecchio Continente.

La prospettiva di uno scontro commerciale ha già avuto effetti tangibili. Le esportazioni europee verso gli Usa sono calate del 4% nel secondo trimestre del 2025, con picchi negativi nei settori meccanico, chimico e agroalimentare. Allo stesso tempo, si è ridotto del 17% il flusso turistico europeo verso gli Stati Uniti nei mesi estivi, a testimonianza di un deterioramento più ampio nei rapporti tra i due blocchi.

Oltre gli Usa: nuovi alleati e sovranità economica

Ma l’Ue non guarda solo a Washington. Nei mesi scorsi ha rafforzato le sue relazioni con l’area dell’Indo-Pacifico, firmando nuovi accordi commerciali con Australia, Singapore e Messico, e avviando negoziati con India e Indonesia. Bruxelles sta anche lavorando per potenziare il mercato unico, con una spinta alla produzione interna in settori strategici e una maggiore autonomia in materia di approvvigionamento energetico e digitale.

Quella che si profila, dunque, non è solo una battaglia tariffaria, ma uno scontro sul modello di globalizzazione e sul ruolo dell’Europa nello scacchiere economico mondiale. L’amministrazione Trump ha scelto la strada del protezionismo come leva negoziale. L’Unione Europea, per ora, risponde con fermezza e metodo, consapevole che il vero terreno di scontro sarà la capacità di preservare la propria sovranità economica senza rinunciare all’apertura globale.

Restano ancora tre settimane di tempo per evitare una nuova guerra commerciale. Ma la sensazione, a Bruxelles come a Washington, è che il conto alla rovescia sia già iniziato.

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