
Resta avvolta nel mistero la morte di Aurora Maniscalco, la giovane hostess palermitana di 24 anni precipitata dal terzo piano di un palazzo a Vienna nella notte tra il 21 e il 22 giugno. Mentre i primi risultati dell’autopsia parlano di lesioni compatibili con la caduta e nessuna ferita da colluttazione, emergono nuovi dettagli inquietanti: la ragazza si sarebbe rivolta all’ospedale Villa Sofia Cervello di Palermo nel maggio scorso in seguito a un’aggressione fisica subita dopo un aborto. A rivelarlo è il padre, che ora chiede a gran voce che venga fatta piena luce sulle circostanze della tragedia.
«Nel referto dei medici – ha detto l’uomo – si parlava chiaramente di un’aggressione fisica. Come spesso accade con tante ragazze, anche mia figlia mi ha tenuto all’oscuro di tutto, sia dell’aborto che della violenza». A riferirgli successivamente alcuni dettagli sarebbe stata l’ex moglie, madre di Aurora: tra i problemi emersi, tensioni con il fidanzato, con il quale la 24enne conviveva in Austria da qualche tempo.

La giovane è precipitata dal terzo piano dell’appartamento in cui viveva con il compagno, anche lui palermitano. Nonostante il rapido trasporto in ospedale, le sue condizioni erano disperate: è morta poco dopo per le gravissime ferite riportate. Secondo quanto riferito dalla procura austriaca, nessuna evidenza attuale indicherebbe un atto violento al momento della caduta, ma la famiglia della vittima rifiuta l’ipotesi del gesto volontario e chiede una nuova indagine.
«Aurora non si sarebbe mai tolta la vita», assicurano i familiari, che parlano invece di un quadro complesso, fatto di silenzi, incomprensioni e dolore. A rafforzare i sospetti dei parenti ci sarebbero episodi di tensione col partner negli ultimi mesi. Il padre della ragazza ha dichiarato che il giovane, dopo la tragedia, continuava a dirgli di “perdonarlo”, senza però chiarire il senso di quelle parole.
Ad aumentare l’amarezza del dolore, c’è l’assenza totale della famiglia del fidanzato al funerale di Aurora. «Né un fiore, né una parola, né un gesto. Come se il dolore fosse solo nostro, o come se il clamore intorno alla vicenda fosse un fastidio», raccontano i familiari con voce rotta. Un silenzio che per loro pesa quanto l’assenza di verità.

La famiglia Maniscalco ha affidato la propria battaglia all’avvocato Alberto Raffadale, che ora sta ricostruendo nel dettaglio la catena degli eventi, compresa quella visita all’ospedale palermitano. «È importante chiarire – dice il legale – come mai il referto medico dell’aggressione non abbia fatto partire approfondimenti giudiziari, né in Italia né in Austria, sul contesto relazionale e personale della vittima».
Aurora, dicono gli amici, era una ragazza solare e determinata, con il sogno di girare il mondo come hostess. «Non avrebbe mai compiuto un gesto estremo – sottolineano –. Era una che affrontava le difficoltà, che non si abbatteva». Eppure, qualcosa l’ha travolta, nel silenzio delle mura di quella casa lontano da Palermo.
Ora i genitori chiedono solo giustizia e verità. Vogliono sapere se Aurora è morta per un incidente, un gesto estremo o qualcosa di più oscuro. E soprattutto, vogliono che il suo dolore – e quello lasciato dietro di sé – non venga archiviato in fretta come una semplice fatalità.