
Nella lunga vicenda giudiziaria che riguarda l’omicidio di Chiara Poggi, una nuova lettura della scena del crimine sembra mettere in discussione alcuni punti fermi delle sentenze definitive. Secondo la procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, e i carabinieri del nucleo investigativo di Milano, l’aggressione subita dalla giovane non corrisponderebbe più alla narrazione processuale che indicava Alberto Stasi — il fidanzato condannato in via definitiva — come unico colpevole e la ragazza come colta di sorpresa da una persona di cui si fidava.
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Chiara si sarebbe difesa: il Dna racconta un’altra storia
Uno dei cardini su cui si poggia questa nuova visione è la traccia genetica trovata sotto le unghie della vittima. Secondo i nuovi accertamenti disposti dalla procura, quel Dna non apparterrebbe ad Alberto Stasi, ma ad Andrea Sempio, amico della vittima, e a un altro uomo ancora senza nome. L’ipotesi che Chiara Poggi abbia lottato con il suo assassino prende forza anche da un ulteriore dettaglio: un profilo genetico ignoto sarebbe stato isolato dal tampone orale effettuato sulla salma, un elemento che gli investigatori ritengono possa essere compatibile con un morso inferto dalla giovane nel tentativo di difendersi.
Questi elementi, però, potranno avere un peso reale solo se si dimostrerà che l’ignoto 3 non sia il risultato di una contaminazione da parte del personale forense, un’eventualità purtroppo non infrequente nelle analisi di laboratorio.

Il telefono di casa: indizio chiave nella nuova ricostruzione
Un secondo punto che ha spinto gli inquirenti a rivedere la dinamica del delitto è il telefono fisso di casa Poggi. L’apparecchio, posizionato su un mobiletto poco distante dalla cantina dove è stato rinvenuto il corpo, presenta diversi schizzi di sangue compatibili con un’aggressione in quel punto della casa. La nuova ipotesi suggerisce che Chiara stesse tentando di chiamare aiuto, e che proprio mentre cercava di sollevare la cornetta, l’assassino abbia infierito su di lei.
Particolare centrale in questa ricostruzione è una macchia di sangue trovata sotto la cornetta, rimessa al suo posto. Lo schizzo ha un angolo di incidenza di 19 gradi, troppo ampio per essere stato causato da un semplice passaggio del sangue tra le fessure dell’apparecchio. Per gli investigatori, il gesto di riposizionare la cornetta sarebbe stato compiuto dallo stesso assassino, ignaro di aver lasciato una traccia rivelatrice.
Verso una nuova dinamica: due aggressori o una violenza prolungata?
La nuova interpretazione della scena del crimine non esclude la possibilità che l’aggressione sia stata compiuta da più di una persona, ma non lo ritiene nemmeno un requisito necessario. Secondo gli inquirenti, la violenza si sarebbe sviluppata in una zona ben precisa della casa, e non esclusivamente vicino alla porta d’ingresso come sostenuto nei processi. L’ipotesi è che Chiara abbia cercato di fuggire, forse verso l’uscita, ma sia stata bloccata e colpita nuovamente.
Le consulenze in corso, in particolare quelle sulla Blood Pattern Analysis (Bpa) e sull’esame delle impronte delle scarpe, cercano di chiarire quanto accaduto in quei tragici minuti. Un ruolo importante potrebbe averlo anche l’analisi dei gradini delle scale, dove sono stati individuati schizzi di sangue compatibili con ulteriori colpi inferti. Questo dettaglio, se confermato, smentirebbe l’ipotesi che il corpo sia stato semplicemente trascinato sulle scale dopo la morte, come invece ritenuto in precedenza.
Due armi diverse e un silenzio forzato
Un altro nodo cruciale è quello relativo al possibile uso di due armi differenti, una tagliente e una pesante. Questa ipotesi, mai chiarita nei processi, potrebbe trovare nuova linfa nel contesto di un’aggressione a più mani. Inoltre, la procura ritiene verosimile che Chiara sia stata zittita con una mano sul volto o con un altro mezzo di costrizione, come proverebbe la quantità anomala di materiale genetico presente nella sua bocca.

Tutti elementi che fanno pensare a un delitto più articolato di quanto stabilito finora, ma sempre circoscritto a dati oggettivi: nessuna pista esoterica, nessun riferimento a sette o sicari, come invece spesso riportato in modo incontrollato su blog e social network.
Il fronte mediatico e le polemiche sui contenuti diffusi online
Su questo versante, continua a far discutere la figura di Gianluca Spina, blogger con base in Svizzera che ha pubblicato immagini dell’autopsia di Chiara Poggi sui suoi canali. Spina si difende sostenendo che si tratti di materiale didattico, utile ai suoi corsi, e afferma di non aver ancora ricevuto notifiche ufficiali dal Garante per la privacy. Ma la diffusione di immagini tanto delicate resta un punto controverso e oggetto di possibili conseguenze legali.
Le nuove piste e le analisi scientifiche in corso aprono scenari inediti sull’omicidio di Chiara Poggi, ma al momento non si parla di riapertura formale delle indagini. Tuttavia, la rilettura dei fatti alla luce di tracce genetiche diverse e dell’ipotesi di una reazione violenta della vittima, rilancia interrogativi rimasti sospesi da anni. In attesa di conferme definitive, la sola certezza è che il caso Garlasco continua ad alimentare un dibattito che, a distanza di quasi vent’anni, non si è mai realmente spento.