
Era il momento perfetto per esserci. Per una volta, per una benedetta volta, l’Italia non saliva sul podio delle polemiche ma su quello della storia. Eppure, mentre Jannik Sinner diventava il primo italiano a vincere Wimbledon, nella tribuna delle autorità nessuno del governo italiano si è visto.
Una giornata epocale, un campo di erba sacra, gli occhi del mondo addosso. A stringere la mano al vincitore non c’era nessun ministro dello Sport, nessun ambasciatore, nessuna delegazione ufficiale italiana. Solo i familiari, il team, e il tennis.

Nessuno in tribuna, ma post sui social
La Premier Giorgia Meloni, il vicepremier Salvini, la segretaria del Pd Elly Schlein: tutti pronti a esultare a trionfo avvenuto. Frasi entusiaste, congratulazioni postume, tweet celebrativi. Ma a Londra, nel momento in cui il nome di Sinner veniva inciso nella storia del tennis mondiale, l’Italia istituzionale era assente.
Il contrasto è stato clamoroso. Nella tribuna d’onore sedevano i principi di Galles, William e Kate, a rappresentare i padroni di casa. E poco più in là, a sostenere lo sfidante Carlos Alcaraz, c’era il Re di Spagna in persona, Felipe VI. Due nazioni che conoscono il peso della rappresentanza, e che hanno voluto essere presenti.
Una figuraccia evitabile
Che nessuno si sia mosso, nemmeno a titolo simbolico, è un dettaglio che brucia. Un vuoto che pesa più di mille comunicati ufficiali. L’assenza delle istituzioni italiane in un momento così straordinario è sembrata quasi un gesto di indifferenza. O peggio: di distrazione.

Si poteva mandare qualcuno. Qualunque rappresentante. Anche un sottosegretario. Perfino un consigliere. Ma no: nessuno ha pensato che fosse il caso di essere lì. Proprio lì, nel posto giusto, nel giorno giusto. Nemmeno il sottosegretario allo Sport si è degnato di affacciarsi a Londra. Come se Wimbledon fosse solo una nota di costume.
L’Italia che arriva dopo
A cose fatte, tutti si sono detti orgogliosi. Ma quando si fa la storia, bisogna esserci. Non dopo. Non a distanza. Non con un post. E soprattutto non lasciando il campo all’immagine di un’Italia senza volto, incapace di sedersi accanto al suo campione più importante degli ultimi decenni.
Le foto resteranno. I video anche. E in ognuno di essi, mentre il pubblico inglese applaudiva e il mondo guardava, mancherà l’Italia ufficiale. Non per errore, ma per scelta. E questo, sì, fa rumore. Quasi quanto il silenzio.