
A Palazzo Chigi non lo dicono apertamente, ma l’allerta è già scattata. Giorgia Meloni sa che questa estate 2025 rischia di trasformarsi in un crocevia politico ed economico potenzialmente devastante per il suo esecutivo. E il Paese e la sua economia sono d fronte a una prova gigantesca.
I dossier che si stanno intrecciando – la fine dei fondi Pnrr, i dazi Usa sull’export europeo e una nuova ondata migratoria – preoccupano, e non poco. Lì dentro la chiamano “la tempesta perfetta”. Perché se le tre crisi dovessero esplodere insieme, gli effetti potrebbero essere dirompenti, anche sul piano della tenuta politica.
Il Pnrr si esaurisce, e con lui rischiano di spegnersi i cantieri
Il primo fronte è quello economico e riguarda la fine del Piano nazionale di ripresa e resilienza. I fondi straordinari che hanno alimentato la crescita italiana negli ultimi tre anni stanno per esaurirsi: dal 2026 non saranno più disponibili e senza una valida alternativa, a rischio ci sono investimenti pubblici, occupazione e fiducia delle imprese.
Fonti del Mef parlano apertamente del pericolo di un “rallentamento improvviso”, che colpirebbe soprattutto le filiere infrastrutturali e la coesione territoriale. Un vuoto che potrebbe trasformarsi in un boomerang per un governo che ha fatto del Pnrr un vessillo identitario.

Dazi americani al 30%, l’export italiano sotto tiro
Ma come se non bastasse, sul tavolo si è aggiunto il secondo problema: la stretta commerciale annunciata da Washington, con dazi al 30% su beni europei. Una misura che rischia di colpire in pieno anche l’industria italiana, fortemente dipendente dall’export e dalla catena della componentistica.
“Se calano le esportazioni, si blocca un pezzo fondamentale del nostro Pil”, avverte una fonte di peso del ministero dello Sviluppo. E in un autunno già di per sé teso, le conseguenze economiche potrebbero innescare tensioni sociali ben oltre le previsioni.
Emergenza migranti: torna la pressione sulle coste italiane
Il terzo fronte, forse il più sensibile politicamente, è quello migratorio. Dopo la tregua del 2024, gli sbarchi sono tornati a crescere, già ora superiori rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ma la vera preoccupazione arriva dalla Grecia, dove la situazione è talmente fuori controllo che il governo ha deciso una moratoria sulle richieste d’asilo.

A Roma, spiegano fonti del Viminale e dell’intelligence, si teme un effetto domino sulle rotte mediterranee, con l’Italia che rischia di diventare ancora una volta l’approdo unico e obbligato. Non a caso, i report dei servizi segreti parlano già di uno “scenario greco” possibile anche in Italia, alimentato da un quadro geopolitico incerto e dalla fragilità della Libia, dove l’equilibrio con Tripoli non può più essere dato per scontato.
Senza margini di bilancio, anche il consenso può traballare
La premier Meloni, consapevole della gravità del momento, ha chiesto ai suoi massima vigilanza su tutti i fronti. L’obiettivo è evitare il vuoto Pnrr, negoziare sui dazi con gli Stati Uniti e rafforzare il dialogo con la Libia per prevenire una nuova emergenza. Ma è un equilibrio precario. “Se questi tre nodi esplodono insieme, la crisi diventa difficile da gestire anche mediaticamente”, ammettono alcuni parlamentari di maggioranza.
Paradossalmente, mentre la popolarità personale della premier resta alta, la sua capacità di azione si restringe. Governare con i sondaggi a favore ma senza margini di bilancio è una sfida ardua, dicono con preoccupazione in maggioranza. Così, tra vertici riservati e timori malcelati, a Palazzo Chigi si fa largo una consapevolezza: i prossimi mesi potrebbero decidere tutto. La vera partita, per Giorgia Meloni, comincia adesso.