
È stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo il padre di Riccardo Boni, il ragazzo di 17 anni morto il 10 luglio scorso dopo essere rimasto sepolto in una buca scavata sulla spiaggia di Montalto di Castro, in provincia di Viterbo. La tragedia, avvenuta durante una vacanza in campeggio, ha aperto uno squarcio doloroso nella vita di una famiglia e posto nuovi interrogativi su custodia e responsabilità genitoriale.
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Iscrizione come atto dovuto: le parole del procuratore
La procura di Civitavecchia, territorialmente competente, ha chiarito che l’iscrizione dell’uomo nel fascicolo è un atto dovuto per poter procedere con gli accertamenti necessari. A spiegarlo è stato il procuratore capo Alberto Liguori, che ha sottolineato l’umanità e la delicatezza della situazione: «La prima cosa che farò quando lo vedrò sarà abbracciarlo. Questo padre è devastato».

Il reato ipotizzato, omicidio colposo, include nella sua formulazione anche le possibili omissioni, come la mancata vigilanza del minore, obbligo previsto dalla legge in capo ai genitori. È un passaggio tecnico, ma necessario per consentire alla procura di disporre tutte le verifiche di rito, a partire dall’autopsia.
Il dramma: dalla buca al silenzio
Nel primo pomeriggio di giovedì 10 luglio, Riccardo si era allontanato dai genitori per giocare con i suoi fratellini di 5 e 8 anni. La madre era intenta a lavare i piatti nel campeggio, mentre il padre si era concesso un momento di riposo su una sdraio. Intorno, nessun altro. Il mare, la sabbia e l’aria estiva componevano un paesaggio tranquillo che nulla lasciava presagire.
In quelle ore, il ragazzo ha scavato una buca profonda oltre un metro e mezzo. Un gioco forse troppo faticoso, forse troppo lungo. A un certo punto, quella stessa sabbia che stava spostando lo ha travolto, seppellendolo completamente. In quel momento i fratellini si erano allontanati, ma il più piccolo si è accorto del dramma e ha detto: «Riccardo è sotto la sabbia». È stato lui, con parole semplici ma decisive, a far scattare l’allarme.
Le ricerche disperate e la corsa contro il tempo
Quando la madre si è resa conto dell’assenza del figlio maggiore, è partita la frenetica ricerca. Il campeggio è stato immediatamente allertato: bagnini, animatori, carabinieri e decine di campeggiatori si sono mobilitati. Inizialmente non era chiaro dove cercare, poi — ascoltando il fratellino — i soccorritori si sono diretti verso la spiaggia, dove è stata localizzata la buca.

In una scena di disperazione e speranza, decine di mani hanno cominciato a scavare. Passavano i minuti, ogni secondo contava. Dopo quasi 40 minuti, il corpo di Riccardo è stato trovato. Ma ormai per lui non c’era più nulla da fare. I soccorritori lo hanno estratto senza vita. Le urla, il silenzio, il dolore: il campeggio è piombato in un incubo irreversibile.
Autopsia e accertamenti: le domande ancora aperte
Il corpo del ragazzo sarà ora sottoposto ad autopsia, un passaggio cruciale per stabilire con esattezza la causa della morte. Si tratta di verificare se Riccardo sia stato colto da un malore — magari a causa del caldo o dello sforzo fisico — prima che la buca gli crollasse addosso, oppure se sia stato un tragico incidente causato solo dal cedimento della sabbia.
Il magistrato Liguori ha spiegato: «Non c’erano altre fattispecie ipotizzabili. Vogliamo solo capire com’è morto». L’obiettivo non è quello di attribuire colpe in modo automatico, ma di accertare la verità dei fatti, anche in relazione alla posizione del padre che, come riportato dai carabinieri, è apparso incredulo e distrutto alla notifica dell’indagine: «Ma come indagato? È assurdo. Io non ho ucciso mio figlio», avrebbe detto tra le lacrime.
Col passare delle ore, dopo lo shock iniziale, l’uomo ha espresso il desiderio di capire che cosa sia accaduto realmente in quella buca: se il figlio abbia avuto un malore, se abbia provato a chiedere aiuto, e perché nessuno si sia accorto prima della tragedia.
La rabbia sui social e il peso del dolore
Mentre la famiglia cerca di elaborare l’accaduto e la giustizia tenta di ricostruire i fatti, sui social si è scatenato il solito tribunale del web. Commenti durissimi, spesso ingiusti, si sono riversati sulla figura del padre, accusato di negligenza: «Dormiva mentre il figlio moriva», è uno dei messaggi circolati con maggiore veemenza. Ma in questi casi, le parole pesano come pietre su chi è già schiacciato dal dolore.
La verità, oggi, è che una famiglia è spezzata, e un ragazzo pieno di vita è morto nel luogo che avrebbe dovuto essere un angolo di spensieratezza. Ora spetta agli inquirenti chiarire le responsabilità — se ce ne sono — ma anche garantire un’indagine che sia rispettosa del dolore umano che la accompagna.
Con l’iscrizione del padre nel registro degli indagati per omicidio colposo, prende dunque avvio un percorso giudiziario che non punta a punire, ma a fare luce su quanto accaduto. Una luce che, purtroppo, non potrà mai restituire Riccardo Boni alla vita, ma che potrà forse aiutare una famiglia a capire e — con il tempo — ad affrontare il proprio dolore.