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Scoperta la più grande collisione tra buchi neri mai osservata: nato un oggetto da 225 masse solari

Pubblicato: 14/07/2025 16:59
collisione tra buchi neri

Il cosmo non smette mai di stupirci, e una delle sue manifestazioni più estreme e misteriose ci è stata svelata ancora una volta grazie all’eco delle onde gravitazionali.

Una collaborazione internazionale tra gli osservatori Virgo (Italia), LIGO (Stati Uniti) e KAGRA (Giappone) ha rivelato la più massiccia collisione tra due buchi neri mai osservata, un evento che ha generato un oggetto finale di proporzioni titaniche, con una massa stimata in circa 225 volte quella del nostro Sole. Questa scoperta non solo riscrive le nostre conoscenze sui fenomeni cosmici, ma pone nuove, affascinanti sfide alla comprensione dell’universo.

Un segnale senza precedenti

Identificato lo scorso 23 novembre 2023 attraverso il segnale GW231123, questo evento si distingue come il più imponente mai registrato nel suo genere. Le onde gravitazionali, vere e proprie distorsioni dello spaziotempo originate da eventi cosmici di inaudita violenza, sono state la chiave per questa rivelazione epocale. Dal 2015, anno in cui fu captato il primo segnale di onde gravitazionali, la comunità scientifica ha intercettato circa 300 di questi “echi” cosmici, ma nessuno aveva mai raggiunto le dimensioni e le implicazioni di GW231123. L’annuncio ufficiale di questo straordinario risultato è stato fatto in occasione del convegno congiunto della Conferenza Internazionale sulla Relatività Generale e la Gravitazione e della Conferenza Edoardo Amaldi sulle Onde Gravitazionali, un palcoscenico di eccellenza per le scoperte che plasmano la nostra comprensione del cosmo.

Enigma e rotazione estrema

L’evento GW231123 è un rompicapo cosmico di notevole complessità. I due buchi neri progenitori, con masse rispettivamente di 100 e 140 volte quella solare, non erano solo incredibilmente massicci, ma possedevano anche una rotazione estremamente rapida, quasi ai limiti imposti dalla teoria della relatività generale di Einstein. Questa combinazione di massa e velocità di rotazione spinge al limite sia le attuali tecnologie di rilevamento delle onde gravitazionali sia i modelli teorici esistenti. Come sottolinea l’italiano Gregorio Carullo dell’Università britannica di Birmingham, membro della collaborazione Ligo-Virgo-Kagra, “Ci vorranno anni prima che la comunità riesca a svelare completamente questo intricato schema di segnali e tutte le sue implicazioni”. Questo non è solo un limite tecnico, ma una vera e propria frontiera scientifica che richiede nuovi approcci e strumenti concettuali.

Buchi neri “proibiti” e scenari complessi

La presenza di buchi neri con queste dimensioni, come evidenziato da Mark Hannam dell’Università britannica di Cardiff e anch’egli membro della collaborazione, è un fatto che sfida i modelli standard di evoluzione stellare. I buchi neri di queste dimensioni sono infatti “proibiti” dalle attuali teorie sulla formazione stellare. Una delle ipotesi più plausibili è che questi giganti si siano formati attraverso fusioni precedenti di buchi neri più piccoli, un processo a cascata che potrebbe spiegare le loro dimensioni eccezionali. Tuttavia, come aggiunge Carullo, “Nonostante la spiegazione più probabile rimanga la fusione di buchi neri, scenari più complessi potrebbero essere la chiave per decifrare queste caratteristiche inaspettate”. Queste parole aprono la porta a possibilità entusiasmanti, suggerendo che l’universo potrebbe avere meccanismi di formazione e interazione dei buchi neri ben più complessi di quanto finora immaginato. Ci attendono, senza dubbio, tempi di grandi scoperte.

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