
Il sole stava già calando su Church Road, ma le luci non si spegnevano sul Centre Court. Tra la folla che abbandonava lentamente il tempio del tennis mondiale, due figure si muovevano a passo lento, quasi stordite da quella che, fino a poche ore prima, era una speranza proibita: un ragazzo italiano aveva conquistato Wimbledon. Mamma Siglinde e papà Hanspeter Sinner cercavano di farsi piccoli, invisibili, ma erano ormai diventati parte della storia.
Le parole di mamma Siglinde
Il volto della madre è segnato dall’emozione: le lacrime, che a Parigi erano state di dolore, ora sono d’orgoglio. «Una volta va così, un’altra volta in un altro modo…Devo ancora realizzare quello che è successo…” dice con fierezza trattenuta. Accanto a lei, il marito sorride: «È una sensazione bellissima… un’impresa», confessa, lasciandosi scappare parole che di solito preferisce custodire nel silenzio. Sono diventati i genitori del campione che ha scritto una delle pagine più esaltanti dello sport italiano. E anche se Siglinde non sa ancora se la sera si festeggerà in discoteca – un luogo dove Jannik forse non ha mai messo piede – il vero ballo è quello delle emozioni che scorrono nei cuori di milioni di italiani.

Un Wimbledon da leggenda
La finale è stata senza storia, ma con tutta la storia possibile: Jannik Sinner ha dominato sul Centre Court e ha alzato il trofeo più ambito, diventando il primo italiano a vincere Wimbledon. Lo ha fatto con autorità, eleganza e determinazione, qualità che ne fanno ormai un punto di riferimento globale. Dopo il successo al Roland Garros sfumato, il ventiduenne altoatesino ha mostrato una maturità impressionante, gestendo pressione, aspettative e avversari con freddezza da veterano.
Vincere a Wimbledon è più che un titolo: è entrare nell’Olimpo. E Sinner lo ha fatto nel modo più netto possibile, conquistando anche i cuori dei britannici. D’ora in avanti, sarà membro a vita dell’All England Lawn Tennis Club: spogliatoi privati, campi sempre a disposizione, due posti riservati a vita sul Centre Court. Ma soprattutto, l’onore di essere per sempre parte di un club dove solo i più grandi accedono.
L’incontro con i reali e l’Italia che esulta
Dopo il match, l’incontro con il principe William, la principessa Kate e i principini George e Charlotte ha coronato un sogno a occhi aperti. «Grazie per essere venuti, è stato un onore giocare di fronte a voi», ha detto Jannik. «Sei un’ispirazione per tutti, anche per loro», ha risposto la principessa, indicando i figli con le palline firmate dal nuovo re di Wimbledon.
Sotto la terrazza di South West Hall, un mare tricolore lo acclamava. «Qui oggi ha vinto l’Italia», ha detto Sinner, quasi con modestia. Ma il mondo lo ha ascoltato. Londra è diventata italiana per una notte. Solo che, nella cornice perfetta di un trionfo storico, qualcosa è mancato: nessun rappresentante del governo italiano era presente nel Royal Box. Nessun segno formale dallo Stato per il suo più grande campione tennistico di sempre, mentre la Spagna aveva inviato re Felipe VI e il ministro dell’Interno per sostenere Alcaraz.
L’Italia vince, ma dimentica
A parlare per l’Italia è stato l’ambasciatore Inigo Lambertini: «Finalmente ce l’abbiamo fatta. È una emozione fortissima». Ma le istituzioni avrebbero dovuto esserci, fisicamente e simbolicamente. Perché il tennis italiano ha toccato un vertice che va oltre lo sport: è un esempio di tenacia, talento e dedizione che merita pieno riconoscimento. Soprattutto in un giorno emblematico, il 13 luglio, data che – forse per destino – coincide con la nascita di Giulio Cesare. Il giorno in cui, secoli dopo, un altro italiano ha riconquistato la Britannia. Con una racchetta, non con la spada.