
Bufera politica e diplomatica sulla Reggia di Caserta. L’evento incriminato è l’attesa esibizione del direttore d’orchestra russo Valery Gergiev, prevista per il 27 luglio all’interno del festival “Un’estate da Re”, rassegna culturale finanziata dalla Regione Campania. La presenza del musicista, noto per i suoi legami con Vladimir Putin, ha innescato una catena di reazioni durissime.
La prima stoccata arriva da Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo ed eurodeputata del Partito Democratico, che ha attaccato il governatore Vincenzo De Luca. “Sta usando fondi pubblici per sostenere un fiancheggiatore di un regime criminale“, ha tuonato Picierno, chiedendo un immediato passo indietro.

Anche la Commissione europea ha voluto chiarire la propria posizione. Attraverso un portavoce, Bruxelles ha ribadito che “le piattaforme culturali europee non dovrebbero ospitare artisti che supportano la guerra di aggressione contro l’Ucraina”. Un messaggio diretto, che sembra confermare l’inopportunità della partecipazione di Gergiev.
Gergiev è infatti da tempo considerato vicinissimo al Cremlino. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, il direttore è stato cancellato dai cartelloni dei principali teatri europei, da Vienna a Milano. Ma ora ritorna sulla scena, proprio in Italia, con un invito che ha fatto rumore ben oltre i confini nazionali.
A intervenire, in modo particolarmente netto, è stata anche Julija Navalnaja, vedova del dissidente Aleksej Navalny, che sulle colonne di Repubblica ha espresso tutta la sua indignazione. “Sono costretta a dirlo: Gergiev è complice della politica criminale di Putin. Non è solo un sostenitore: è parte del sistema”.

Navalnaja ha poi rivolto un appello diretto agli italiani, chiedendo coerenza. “Per anni, il maestro ha sostenuto il regime russo con un fervore che dovrebbe far riflettere. È inaccettabile che venga celebrato in un festival culturale europeo”.
A supporto delle sue parole, Navalnaja ha ricordato un’inchiesta della Fondazione Anticorruzione, fondata da suo marito. Il dossier, intitolato “Il direttore d’orchestra della guerra di Putin”, documenta come Gergiev avrebbe sfruttato fondi pubblici russi destinati alla cultura per arricchire sé stesso, aggirando le finalità benefiche della fondazione che porta il suo nome.
“Non è solo una questione morale – insiste Navalnaja – ma anche una responsabilità politica e culturale. Un artista che rappresenta il volto internazionale di un regime che calpesta i diritti umani non può trovare spazio in Europa, tantomeno con soldi pubblici”.
Il caso è ormai diventato un affare internazionale, con forti implicazioni diplomatiche. La presenza di Gergiev alla Reggia non è più solo un evento musicale, ma un simbolo di come la cultura possa trasformarsi in un terreno di scontro geopolitico.