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Cassazione, svolta sul 41 bis: colloqui concessi anche ai boss se c’è un legame sentimentale

Pubblicato: 15/07/2025 23:07

Anche un detenuto al 41 bis può avere diritto a un colloquio visivo con una persona con cui ha instaurato una relazione sentimentale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso di Davide Emanuello, affiliato a Cosa Nostra e detenuto nel carcere di Sassari in regime di carcere duro. La vicenda segna un precedente rilevante, riconoscendo che, in assenza di pericoli concreti per l’ordine e la sicurezza, anche un boss mafioso può mantenere un rapporto umano e affettivo con chi non ha legami con l’ambiente criminale.

Chi è Davide Emanuello

Davide Emanuello è considerato un esponente di spicco della mafia siciliana. Detenuto in regime di 41 bis, sconta una condanna per reati di mafia e vive in condizioni di isolamento estremo, con severissime limitazioni nei contatti con l’esterno, incluse le comunicazioni con familiari e conoscenti. La sua richiesta, però, non riguardava i parenti stretti, ma una donna con cui ha intrattenuto per anni uno scambio epistolare sfociato in un legame affettivo.

La relazione nata in carcere

Secondo quanto riferito dai legali di Emanuello, Valerio Vianello Accorretti e Lisa Vaira, il rapporto con la donna — estranea ad ambienti mafiosi — si è consolidato nel tempo attraverso lettere costanti, fino a trasformarsi in una relazione sentimentale vera e propria. Da qui la richiesta di poterla incontrare faccia a faccia in carcere, nonostante le regole restrittive del 41 bis.

La battaglia legale per il colloquio

La prima risposta è stata un no da parte del direttore del carcere di Sassari. I difensori si sono allora rivolti al tribunale di sorveglianza, che ha accolto l’istanza riconoscendo il valore affettivo della relazione. Il Ministero della Giustizia ha però fatto ricorso, portando il caso in Cassazione, che ha confermato la decisione favorevole a Emanuello: nessun rischio per la sicurezza, e quindi nessun motivo per negare l’incontro.

Cosa ha stabilito la Cassazione

Secondo la prima sezione penale della Suprema Corte, l’affettività è un diritto umano che non può essere cancellato automaticamente dal regime speciale del 41 bis. Le restrizioni ai colloqui, ha chiarito il collegio, possono essere imposte solo in presenza di pericoli concreti, che in questo caso non sussistono, vista l’assenza di collegamenti tra la donna e il contesto mafioso. La sentenza rappresenta un punto di svolta nella giurisprudenza penitenziaria, rafforzando l’idea che la pena non debba annientare la dignità della persona detenuta.


Chi può accedere ai colloqui visivi in 41 bis

In regime di carcere duro, i colloqui visivi sono normalmente riservati a familiari diretti (coniuge, figli, genitori). Tuttavia, anche altre persone possono accedervi se dimostrano un legame affettivo significativo. La valutazione spetta all’amministrazione penitenziaria e, in caso di rifiuto, al tribunale di sorveglianza.

È sempre vietato il contatto fisico nel 41 bis?

Sì, con poche eccezioni. I colloqui autorizzati avvengono in sale separate da vetri divisori, con sorveglianza costante. Solo i minori di 12 anni possono avere un contatto fisico limitato con il familiare detenuto, e sempre sotto attento controllo. Le norme sono pensate per evitare scambi illeciti, ma cercano di conservare una minima umanità nei rapporti familiari.

Il diritto all’affettività ha fondamento legale

Sì. L’articolo 18 dell’Ordinamento Penitenziario italiano riconosce il diritto ai colloqui anche con persone non familiari, purché vi siano ragioni affettive documentate. Il principio affermato dalla Cassazione nel caso Emanuello rafforza questa interpretazione: i diritti umani non sono sospesi, nemmeno nel regime più restrittivo. Una linea che bilancia la sicurezza dello Stato con la tutela della persona, tracciando un confine più umano dentro i limiti del 41 bis.

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