
Il governo si ritrova impantanato su uno dei fronti politici più sensibili e delicati del momento: i dazi commerciali minacciati dagli Stati Uniti. In una fase già complicata per i rapporti internazionali, è la Lega di Matteo Salvini a trasformarsi in elemento destabilizzante, sfidando la linea europeista portata avanti da Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Fratture nella maggioranza sulle trattative con Washington
Nelle ultime ore il segretario leghista ha raddoppiato gli attacchi all’Unione europea, bollando come “sciagurata” la burocrazia di Bruxelles in tema di dazi e aggiungendo un esplicito: “L’Europa non ci rompa le scatole” in riferimento alla vicenda Unicredit. Un doppio colpo che ha messo in forte imbarazzo la premier Giorgia Meloni, costringendo gli alleati di governo a prendere pubblicamente le distanze.
È il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida a dover intervenire da Bruxelles, dove ha partecipato al Consiglio Agrifish: “Nelle trattative con gli Usa siamo pienamente solidali con il contesto europeo di cui facciamo parte”. E ha aggiunto: “Auspichiamo che non si faccia la scelta di mantenere i dazi. Non deve diventare un incontro di pugilato tra alleati strategici”.

Ma la fronda leghista non si arresta. Il senatore Claudio Borghi ha rilanciato la proposta di trattative bilaterali con gli Stati Uniti, sostenendo che l’Italia debba “provare a mettersi in salvo” da sola. Una visione che contrasta apertamente con la linea istituzionale.
Forza Italia e FdI sbarrano la strada al progetto leghista
Per Forza Italia, è il portavoce Raffaele Nevi a chiarire che “non è una scelta politica quella di dialogare come Unione europea, ma è imposta dai Trattati dell’Unione stessa. Fine della discussione”. Una posizione netta condivisa anche da Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), vicepresidente della Camera: “L’Italia non ha la titolarità per guidare la trattativa. Ha fatto da facilitatore tra Trump e von der Leyen, ma la competenza resta esclusiva dell’Ue”.
Nel frattempo, Antonio Tajani si prepara a volare a Washington, dove incontrerà il segretario di Stato Marco Rubio, nel tentativo di smorzare le tensioni e riportare la trattativa nell’alveo istituzionale. Il ministro degli Esteri invita a “mantenere calma e sangue freddo per evitare una guerra commerciale”.
L’opposizione incalza: “Meloni venga in Parlamento”
Le opposizioni non restano a guardare. Elly Schlein, leader del Pd, ha annunciato un incontro con le associazioni di categoria, dichiarando: “Giorgia Meloni non se ne occupa, ci pensiamo noi”. E in serata, al Tg3, ha alzato il tono: “Bisogna essere disponibili a mettere subito sul tavolo contromisure mirate per colpire dove fa più male: i servizi digitali e commerciali”. Se ciò non avverrà, ha aggiunto, “non sarebbe la prima volta che Meloni, per non infastidire Trump, danneggia l’interesse nazionale”.

Anche il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, chiede che “Meloni venga ora in Parlamento a dirci come intende difendere gli interessi del nostro Paese”. Il Movimento 5 Stelle rincara la dose: “La maggioranza si presenta all’appuntamento con la storia ultra-divisa. Un’operazione chiarezza in Parlamento non guasterebbe”.
Il nodo strategico e i rischi per l’esecutivo
Nel pieno della disputa commerciale, le parole del ministro Lollobrigida rischiano di alimentare ulteriori polemiche: “Nel dialogo con gli Stati Uniti, bisognerebbe valutare anche maggiori acquisti negli Usa senza avere danni per la nostra economia”. Una frase che ha innescato la reazione di Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra): “Meloni si piega ancora una volta agli interessi americani, svendendo la salute degli italiani e l’agricoltura nazionale”.
La maggioranza resta quindi esposta a una crisi di linea sulla politica estera ed economica, in un momento in cui sarebbe necessaria compattezza. Ma il protagonismo della Lega, combinato all’equilibrismo diplomatico della premier, rischia di aprire una crepa strategica. In gioco non c’è solo la tenuta del governo, ma la credibilità dell’Italia nella partita commerciale più sensibile dell’anno.