
Dopo la conferma della presenza di un Dna maschile ignoto nel cavo orale di Chiara Poggi, gli inquirenti si preparano ad affrontare una nuova fase dell’indagine sul delitto di Garlasco. L’obiettivo è chiarire l’origine di quelle tracce genetiche e capire se possano davvero portare a una nuova verità, 18 anni dopo l’omicidio.
Per ora, sottolineano gli investigatori, è prematuro parlare di svolta. Il profilo genetico isolato, ottenuto da una garza di stoffa utilizzata all’epoca per il prelievo orofaringeo, non può ancora ribaltare le conclusioni processuali che hanno portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi. Tuttavia, apre un fronte investigativo che non può essere ignorato.

La domanda centrale è se questo “Ignoto 3” fosse presente sulla scena del crimine oppure se si tratti di una contaminazione successiva. Gli accertamenti, in corso, proveranno a stabilire se il Dna possa essere stato trasferito in modo accidentale, magari durante operazioni successive al decesso di Chiara.
Secondo quanto trapela, saranno analizzati almeno 30 profili genetici per confronto. Tra questi rientrano non solo soggetti già coinvolti nelle indagini, ma anche operatori sanitari e forze dell’ordine che, negli anni, sono entrati in contatto con il corpo della vittima. In particolare, anche chi si occupò della riesumazione per i prelievi dattiloscopici.

Il sospetto, sempre più concreto tra gli investigatori, è che il Dna misterioso possa essere frutto di inquinamento avvenuto in una delle fasi successive al ritrovamento del corpo. Una pista che al momento prevale su quella di una possibile presenza estranea sulla scena del delitto.
Questa ipotesi si collega anche alle recenti repliche degli esami disposte dal gip Rosa Garlaschelli, che però riguardavano accertamenti irripetibili. Ora il lavoro passa nuovamente alla Procura, chiamata a gestire l’aspetto delle comparazioni tecniche, a partire da chi ha manipolato i reperti.

Tra i profili che verranno riesaminati non è escluso che rientrino anche quelli di soggetti già esclusi in passato, come Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, su cui per un periodo era stata aperta un’indagine poi archiviata. Anche il Dna di Alberto Stasi era stato confrontato, senza alcuna corrispondenza.
Il quadro resta ancora aperto e delicato. Le analisi sulle tracce genetiche dovranno escludere ogni possibilità di errore prima di poter avanzare nuove ipotesi accusatorie. Il margine di incertezza impone massima cautela da parte degli inquirenti.
A distanza di quasi due decenni, il caso Garlasco continua ad alimentare dubbi e domande. La verità giudiziaria è stata già scritta, ma ogni nuova traccia riapre il confronto tra chi ritiene che tutti i tasselli non siano ancora al loro posto.