
È rimasta 48 ore su una barella del pronto soccorso dell’ospedale di Avezzano dopo un’ischemia cerebrale, senza essere trasferita in reparto. Poi, una sepsi non curata, il rapido peggioramento e infine il decesso. È la drammatica vicenda di Antonella Mettini, 77 anni, su cui la Procura della Repubblica di Avezzano ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo in ambito sanitario. A denunciare l’accaduto è stato il figlio, Francesco Capozza, giornalista de Il Tempo, che ha dichiarato: “Non chiedo vendetta, ma verità. Mia madre meritava rispetto, ascolto e cura”.
La vicenda ha avuto inizio il 25 giugno a Tagliacozzo, dove la signora Mettini si trovava nella casa estiva della famiglia. Colpita da un ictus, è stata trasportata d’urgenza all’ospedale di Avezzano. Lì è iniziato un calvario durato dieci giorni, fino alla morte avvenuta il 9 luglio. Secondo il figlio, la causa sarebbe una sepsi provocata da un’infezione mai diagnosticata né trattata. Il suo avvocato, Michele Sarno, ha formalizzato la denuncia, e l’ipotesi è che un ricovero in cardiologia o terapia intensiva avrebbe potuto salvare la donna.
Capozza riferisce di aver ricevuto rassicurazioni dai medici, anche nei momenti in cui le condizioni della madre sembravano peggiorare. “L’avevo vista subito dopo l’ictus e mi sembrava stesse già migliorando, muoveva il braccio”, ha raccontato. Eppure, secondo la denuncia, era stata persino ipotizzata una dimissione, nonostante la continua inappetenza della donna, un sintomo sottovalutato dai sanitari.

Le informazioni più gravi, racconta Capozza, sono emerse solo grazie all’intervento del presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, al quale si era rivolto per disperazione. Da quel momento ha appreso dell’esistenza di un’infezione e di una megalocardia – un grave ingrossamento del cuore – mai trattata. “Nessun farmaco per il cuore, né antibiotico, nonostante le diagnosi. Solo antidepressivi, un diuretico e un farmaco per l’ipertensione, pur essendo mia madre ipotesa”, ha denunciato.
Nel fascicolo d’indagine l’ipotesi prevalente è che un ricovero tempestivo avrebbe potuto cambiare il destino della paziente. La famiglia, intanto, pretende chiarezza, e soprattutto chiede che il caso non venga liquidato come una semplice fatalità. La vicenda potrebbe quindi diventare un simbolo delle criticità presenti nel sistema sanitario locale.
Secondo Capozza, il comportamento di alcuni sanitari sarebbe stato omissivo, mentre la madre continuava a restare in barella, in attesa di cure adeguate. “Non parliamo di medici disattenti, ma di mancanza di protocolli, di assenza di ascolto e di superficialità”, ha detto, sottolineando come la vita di una persona possa dipendere da dettagli ignorati.
Nel frattempo, la Procura ha disposto accertamenti più approfonditi: saranno analizzate le cartelle cliniche, sentiti i testimoni, ed eventualmente disposte consulenze mediche per chiarire se ci sia stato un nesso causale tra l’assenza di cure e il decesso della donna.
“Mia madre non tornerà, ma se la sua morte può evitare altri casi come questo, lei ne sarebbe orgogliosa”, ha concluso Capozza. La famiglia intende proseguire nella sua battaglia, affinché venga fatta giustizia e non ci siano altre vittime silenziose.