
È partita ufficialmente la caccia al DNA di “Ignoto 3”, la figura misteriosa emersa dopo 18 anni sul tampone orale di Chiara Poggi, uccisa nella sua villetta di Garlasco il 13 agosto 2007. La scoperta, avvenuta venerdì scorso grazie a nuove analisi genetiche, ha riacceso le indagini e rilanciato interrogativi sull’identità del possibile complice di Andrea Sempio, oggi iscritto nel registro degli indagati.
Gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Fabio Napoleone, hanno acquisito i registri scolastici dell’Ipsia Calvi di Sannazzaro de’ Burgondi, dove Sempio si diplomò nel 2007. Obiettivo: ricostruire la rete di amicizie e frequentazioni dell’allora 19enne, parallelamente ai suoi legami con Marco Poggi (fratello della vittima) e con il trio Biasibetti-Capra-Freddi, già ascoltato a marzo e ora atteso a una nuova convocazione.
Saranno chiamati anche i professori, per raccogliere elementi utili a definire il contesto sociale e relazionale di Sempio in quegli anni. Allo stesso tempo, continua l’analisi dei materiali sequestrati nella sua abitazione: migliaia di fogli manoscritti, nessun computer, ma possibili indizi utili per collegare nomi, eventi e luoghi. Gli inquirenti stanno inoltre riesaminando gli atti legati al suicidio dell’amico Michele Bertani, avvenuto anni fa, che potrebbe aprire a scenari ancora inesplorati.

Ma resta in piedi anche l’ipotesi contaminazione. Un’altra pista seguita con attenzione riguarda il fatto che il DNA isolato sul tampone possa appartenere a un operatore tecnico, medico o investigatore entrato in contatto con il corpo o i campioni biologici. Si sta ricostruendo un elenco completo di chi partecipò ai sopralluoghi, all’autopsia e agli esami, compresi soccorritori, carabinieri del Ris e personale delle pompe funebri.
La procura ha già chiesto a molti di questi soggetti di fornire il proprio DNA per il confronto diretto. Alcuni saranno ascoltati come testimoni, tra cui anche l’ex comandante del Ris di Parma, Luciano Garofano, oggi consulente di Sempio. Garofano ha ipotizzato che il DNA di “Ignoto 3” possa derivare dall’uso di una garza non sterile, affermando anche che il tampone «non venne mai analizzato» all’epoca, una lacuna che oggi assume un peso rilevante.

Le analisi genetiche condotte dalla perita Denise Albani hanno fornito un quadro più chiaro. Su uno dei campioni c’è stata corrispondenza con l’assistente del medico legale, su un altro nessun risultato. Un terzo presenta tracce miste, mentre il tampone centrale ha restituito un profilo genetico completo e univoco appartenente a un uomo finora sconosciuto: “Ignoto 3”.
Il profilo contiene DNA nucleare, quindi sia di linea paterna sia materna, rendendolo identificabile oltre ogni ragionevole dubbio, come spiegano i legali di Alberto Stasi, Giada Bocellari e Antonio De Rensis. Se il DNA non dovesse essere frutto di contaminazione, il profilo permetterebbe di risalire con certezza al killer.

Proprio la posizione di Stasi, ex fidanzato della vittima e condannato a 16 anni per l’omicidio, torna prepotentemente al centro del dibattito giudiziario. I suoi difensori sottolineano come il nuovo profilo genetico offra un elemento concreto e inedito che potrebbe rimettere in discussione l’intero impianto accusatorio su cui si è basata la condanna definitiva.
Per questo motivo, ogni dettaglio legato al prelievo effettuato il 16 agosto 2007 sarà ora vagliato con la massima attenzione. Se il profilo di “Ignoto 3” non dovesse coincidere con alcuno degli operatori coinvolti nei rilievi e nei soccorsi, l’ipotesi di un secondo uomo sulla scena del delitto potrebbe trasformarsi da suggestione in prova investigativa.