
Una drammatica vicenda di protesta e sofferenza ha scosso tutti, scatenando una serie di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. La morte di una studentessa, che ha scelto di darsi fuoco per denunciare le molestie subite, ha acceso un dibattito pubblico sulle istituzioni e sulla gestione delle denunce di abusi. Il gesto disperato della giovane ha sollevato onde di indignazione, non solo per la tragedia in sé, ma anche per l’apparente indifferenza delle autorità che avrebbero dovuto intervenire per fermare un abuso che la ragazza aveva già denunciato.
Il caso ha avuto un impatto devastante sulla comunità locale, con il popolo che ha organizzato violente proteste per chiedere giustizia e rendere pubblici i fatti. Le forze di polizia hanno cercato di controllare la situazione, ma le tensioni sono aumentate rapidamente. Il governo locale, intanto, ha promesso azioni dure, mentre le forze politiche di opposizione hanno accusato le autorità di tentare di coprire l’accaduto, amplificando ulteriormente la frustrazione della gente.
La tragica morte della studentessa
La studentessa ventenne è morta il 14 luglio all’ospedale di Bhubaneswar, capitale dello stato indiano dell’Odisha, dopo essersi data fuoco nel campus universitario. La giovane aveva subìto gravi ustioni su 95% del corpo e, nonostante gli sforzi dei medici, non è riuscita a sopravvivere. La ragazza, studentessa del secondo anno di Scienze dell’Educazione, aveva lanciato l’allarme giorni prima, supplicando le autorità di intervenire in seguito alle molestie sessuali ricevute da un professore. La denuncia, però, non aveva avuto alcun seguito. Il gesto di immolarsi per protesta è arrivato dopo una lunga agonia: la studentessa, nei giorni precedenti, aveva chiesto insistentemente a polizia, autorità universitarie e politici di prendere provvedimenti. Nessuna azione, tuttavia, è stata intrapresa. “Nonostante gli sforzi non è stato possibile salvarla”, hanno dichiarato i medici.

Pochi giorni prima della tragedia, la ragazza aveva scritto sui social un post inquietante, dicendo: “Se non ottengo giustizia vi ucciderò”. La sua denuncia era stata presentata il 1° luglio al Comitato interno per i reclami dell’università, e la foto della denuncia era stata pubblicata online con il tag ai leader locali e all’Unione studentesca, in un ultimo disperato tentativo di attirare l’attenzione. Ma le autorità non hanno preso alcun provvedimento, e la situazione è degenerata.
Le accuse e le proteste
Secondo il padre della vittima, dopo la denuncia, il professore accusato l’aveva minacciata, dicendole che non si sarebbe laureata nemmeno dopo sei anni. Inoltre, il docente avrebbe incitato anche altri studenti contro di lei. “Mia figlia era forte, ma è stata costretta a fare tutto questo”, ha dichiarato il padre della giovane, rivelando il clima di intimidazione che la figlia ha dovuto affrontare.
Dopo la morte della ragazza, la polizia ha arrestato il preside del college e la direttrice del dipartimento dell’istruzione. Le accuse a loro carico sono gravi: il preside avrebbe chiesto alla professoressa di ritirare la denuncia dopo che la commissione interna aveva dato il suo nulla osta. Le autorità locali hanno promesso che sarebbero state prese severe misure punitive, ma la reazione della politica è stata contrastante. I partiti di opposizione hanno accusato il governo locale di voler insabbiare l’incidente, alimentando ulteriormente le proteste in città.
Il Biju Janata Dal (BJD), il partito di governo, ha proclamato una serrata totale nella città di Bhubaneswar, mentre il leader del partito Congresso, Rahul Gandhi, ha fatto visita alla famiglia della vittima. Dopo aver definito l’accaduto come “una ferita inflitta all’intera società”, Gandhi ha promesso di lottare per “piena giustizia” per la giovane. La vicenda ha gettato una luce cruda sulla questione della sicurezza delle donne in India e sulla gestione delle denunce di molestie sessuali, sollevando domande su come vengano trattate le vittime e le responsabilità delle istituzioni.