
Dopo soli sette mesi dalla condanna all’ergastolo in primo grado, la Corte d’Appello ha deciso di ridurre la pena per Costantino Bonaiuti, condannandolo a 24 anni e 8 mesi di carcere. La decisione ha sorpreso molti, soprattutto considerando la gravità dell’omicidio di Martina Scialdone, avvenuto il 13 gennaio 2023. Bonaiuti, accusato dell’omicidio della giovane donna, aveva ucciso Martina, 34 anni, con un solo colpo sparato a distanza ravvicinata, al termine di un incontro che avrebbe dovuto concludere una relazione ormai finita.
Secondo le ricostruzioni, l’omicidio è avvenuto fuori dal ristorante Brado in via Tuscolana, dove Bonaiuti e la vittima avevano cenato insieme poco prima del tragico accadimento. Nonostante il loro incontro fosse finalizzato a chiarire la fine del loro rapporto, Bonaiuti si è presentato armato. L’uomo, noto per la sua passione per le armi, possedeva una Glock e altre pistole da caccia, che custodiva in una bacheca blindata a casa sua. Testimoni riferiscono di una discussione tra i due prima che Bonaiuti premendo il grilletto, colpisse Martina al torace.

Le reazioni e la pena ridotta
Dopo l’omicidio, Bonaiuti è fuggito a bordo della sua Mercedes, venendo poi arrestato poco dopo il tragico evento. La sentenza di appello, che ha ridotto notevolmente la pena rispetto all’ergastolo iniziale, ha sollevato forti reazioni da parte della famiglia della vittima e dei legali. La madre di Martina, Viviana, ha espresso tutta la sua delusione, dichiarando: “Avrei voluto gioire per la sentenza di primo grado, ma oggi non posso che esprimere la mia delusione. Mi aspettavo la conferma dell’ergastolo, in altri casi di femminicidio l’ergastolo è stato confermato, ma non qui. Non è giustizia”.
Anche l’avvocato della famiglia, Mario Scialla, ha commentato la decisione, sottolineando la riduzione delle pene e l’esclusione della premeditazione: “Ci sorprende la concessione delle attenuanti. L’impianto accusatorio ha retto, ma la sentenza non ci soddisfa”.
Le parole delle associazioni
La avv. Licia D’Amico, rappresentante dell’associazione “Insieme a Marianna”, ha definito la sentenza “profondamente interdetta”, sottolineando la serietà dell’omicidio e criticando l’esclusione della premeditazione. “Siamo di fronte a un femminicidio, una giovane donna di 30 anni uccisa brutalmente. La pena ridotta è un segnale confuso, che non rispecchia l’entità del crimine”, ha affermato.
L’omicidio di Martina Scialdone, una giovane professionista, continua a scuotere la società, e la decisione della corte d’appello ha alimentato il dibattito sulla giustizia in casi di violenza di genere. Nonostante la riduzione della pena, la memoria di Martina rimarrà viva, alimentando la discussione sulla necessità di un sistema giuridico che rispetti veramente le vittime di femminicidio.