
Diciassette anni dopo il delitto di Chiara Poggi, il caso di Garlasco torna sotto i riflettori. Una recente ripetizione dei test genetici ha riportato l’attenzione sul Dna maschile sconosciuto trovato nella bocca della giovane vittima. A commentare i risultati è Marzio Capra, genetista ed ex vicecomandante del RIS, oggi consulente della famiglia Poggi.
Il test, svolto durante un incidente probatorio su richiesta del gip di Pavia, Denise Albani, getta nuova luce su una delle piste più controverse: quel Dna ignoto potrebbe essere la chiave per spiegare la presenza di una terza persona sulla scena del crimine. Oppure, come sostiene la famiglia Poggi, si tratterebbe solo di una contaminazione avvenuta dopo la morte.
Le analisi riaprono interrogativi sul Dna maschile
Secondo alcune ipotesi, la traccia genetica trovata nella bocca di Chiara – chiamata “Ignoto 3” – potrebbe appartenere a qualcuno presente in casa la mattina del 13 agosto 2007. Nei prossimi giorni, il campione verrà confrontato con il Dna di circa 30 persone che ebbero contatti con la salma, per capire se si tratti di una semplice contaminazione o di un elemento mai identificato nelle indagini precedenti.

Ipotesi contaminazione e il ruolo dei test genetici
Il Dna maschile ignoto aveva già portato, in passato, all’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara. La famiglia Poggi, però, non ha mai ritenuto questa pista credibile e continua a sostenere che il Dna sia il risultato di un errore di laboratorio o di una contaminazione avvenuta in ambito medico-legale, e non di una presenza estranea sulla scena del crimine.
A rafforzare questa tesi ci sono i risultati degli ultimi test. Secondo Capra, entrambe le garze usate per prelevare i campioni dalla bocca della vittima contengono tracce di Dna maschile in quantità minime, tra 2 e 4 picogrammi: “meno di una singola cellula”, sottolinea il genetista. La quantità, se confrontata ai 40.000 picogrammi di Dna di Chiara, lascia pochi dubbi: “la sotto-traccia maschile avrebbe in via di grande probabilità inquinato quella maggioritaria della vittima”, spiega Capra.

Un’indagine per chiarire la natura delle tracce
Secondo il consulente, il fenomeno di contaminazione potrebbe essere avvenuto in diverse fasi: durante il sopralluogo nella villetta, l’autopsia, il trasporto del corpo o la manipolazione della salma. Per sciogliere ogni dubbio, verrà effettuata la comparazione del Dna con quello di tutte le persone che hanno avuto contatti diretti con il cadavere di Chiara, inclusi tecnici, operatori e personale medico.


La famiglia Poggi non ha mai avuto dubbi sulla contaminazione
Per la famiglia Poggi, questa nuova analisi è la conferma della pista originaria. “La Procura – ha commentato Capra – potrà cercare la fonte originaria dell’inquinamento. Ma le analisi non mostrano compatibilità con Andrea Sempio, il nuovo indagato per omicidio”.
Il genetista conclude con un’ipotesi che apre scenari inquietanti: gli strumenti usati durante l’autopsia – pinze, seghetti, bisturi, garze e ovatta – potrebbero aver trasferito materiale genetico da un altro cadavere esaminato in precedenza, sempre con la partecipazione dello stesso assistente medico legale. “Si tenga comunque presente che assai verosimilmente si potrebbe anche trattare di un cadavere precedentemente sottoposto a esame autoptico con la partecipazione dello stesso assistente medico legale – conclude il genetista – con la relativa borsa dei ferri del mestiere” come “pinze, forbici, bisturi, seghetti, filo per sutura, cerotti, ovatta e garze varie”. Un’ipotesi che, se confermata, aggiungerebbe un nuovo tassello a una vicenda ancora avvolta dal mistero.