
Aveva finalmente ritrovato un barlume di serenità. Un nuovo lavoro, una piccola casa tutta sua e la sensazione che il peggio fosse davvero alle spalle. Si era convinta che il passato, con i suoi traumi e le sue cicatrici, avesse smesso di perseguitarla. Aveva faticato, ogni giorno, per ricostruire la propria esistenza, pezzo dopo pezzo, come un mosaico infranto.
Poi, un giorno qualsiasi, una busta anonima le è scivolata sotto la porta. All’interno, un foglio di carta, stampato con un carattere freddo e impersonale. Poche parole, ma capaci di riaprire ferite che credeva rimarginate, riportando alla luce un incubo che non voleva più rivivere. Ha sentito il respiro mancare, le mani tremare e quel velo di terrore ha nuovamente avvolto la sua vita.
Un calvario durato anni
Una donna ha vissuto un terribile calvario per anni. La violenza si è abbattuta su di lei in molteplici forme, prima per mano del suo compagno, poi del suo ex. È stata picchiata selvaggiamente più e più volte, costretta ad abortire e, infine, persino ricattata per impedire la diffusione di video a contenuto sessualmente esplicito che la vedevano protagonista. Una storia di sopraffazione e terrore che ha segnato profondamente la sua esistenza.
Gli inquirenti hanno ricostruito dettagliatamente una spirale di violenza che si è protratta per anni. Le aggressioni e le vessazioni sono iniziate durante il rapporto tra i due e sono continuate, con ferocia inaudita, anche dopo che la donna aveva deciso di lasciarlo. I fatti contestati all’uomo coprono un lungo periodo, dal gennaio 2022 al maggio 2024. Solo dopo l’ennesima brutale violenza, la donna ha trovato la forza di denunciare, facendo scattare l’arresto dell’aggressore. La sua denuncia ha interrotto un ciclo di abusi che sembrava senza fine.

La donna viveva in uno stato di massima soggezione e paura. Gli episodi di violenza in casa erano continui e, con il passare del tempo, si erano intensificati, diventando sempre più frequenti e brutali. La vittima subiva percosse e minacce costanti. In un episodio particolarmente agghiacciante, è stata persino costretta ad abortire, ingerendo ben quindici pillole, e poi abbandonata in strada in condizioni disperate. Ogni giorno era una lotta per la sopravvivenza, un tentativo di sfuggire a un’oppressione che le toglieva il respiro.
Nemmeno dopo aver lasciato l’uomo, in seguito a quel brutale episodio che l’aveva segnata per sempre, le violenze e le minacce si sono interrotte. L’uomo ha continuato a perseguitarla, a picchiarla e a minacciarla di morte in diverse occasioni. Le ha intimato di non rivolgersi alle forze dell’ordine, cercando di isolarla e di tenerla sotto il suo totale controllo. La sua vita era diventata una fuga costante da un aguzzino che non le dava pace.
La vittima è stata costretta a subire anche un’ultima, devastante umiliazione. L’uomo l’ha costretta a versargli la metà del suo stipendio, sotto la terribile minaccia di divulgare video a contenuto sessualmente esplicito che la vedevano protagonista. Il ricatto del “revenge porn” ha aggiunto un’altra insopportabile vessazione a un calvario già di per sé indicibile. Oltre agli otto anni di carcere, l’uomo ha ricevuto una condanna all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e all’interdizione legale per la durata della pena, misure che segnano la gravità dei reati commessi e la volontà della giustizia di proteggere le vittime da simili abusi.
La condanna per l’aguzzino
La giustizia ha ora pronunciato la sua sentenza. Per l’uomo, un 32enne, il Tribunale di Lecce ha emesso una condanna a otto anni di reclusione. I reati per i quali è stato riconosciuto colpevole sono gravi e numerosi: maltrattamenti in famiglia, atti persecutori aggravati, lesioni personali aggravanti e tentata diffusione di video sessualmente espliciti, il cosiddetto Revenge porn. Questa condanna rappresenta un importante passo per affermare la tutela delle vittime di violenza.