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Ucraina, l’Italia dice no alla Germania: la decisione sulle armi

Pubblicato: 17/07/2025 13:14
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Più imprese italiane negli Stati Uniti, ma nessuna intenzione di acquistare armi americane. È questa la linea che il governo italiano sembra voler mantenere con fermezza, soprattutto alla luce dell’annuncio recente del cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha dichiarato l’intenzione della Germania di acquistare sistemi di difesa aerea Patriot dagli Usa per fornirli all’Ucraina. Una strategia, quella tedesca, che punta a rafforzare l’asse atlantico e ad assecondare le richieste della presidenza americana, in vista di un possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.
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L’Italia, al contrario, ha scelto una strada diversa. Non solo per ragioni di carattere tecnico – i sistemi già forniti a Kiev sono di produzione italo-francese e non compatibili con i Patriot – ma soprattutto per motivi legati alla disponibilità economica. Lo spazio fiscale su cui può contare il nostro Paese è ridotto all’osso, tanto da rendere inattuabile qualsiasi ipotesi di nuova spesa straordinaria nel settore della difesa.

Nessuna nuova spesa, solo F-35 già pianificati

Fonti vicine al ministero della Difesa ribadiscono il concetto: «Qui non si è mai parlato di acquistare armi americane», tagliano corto. L’unica partita aperta con gli Stati Uniti, e già abbondantemente programmata, riguarda l’acquisto di caccia F-35, il cui completamento è previsto per il prossimo decennio. Si tratta di una trattativa avviata anni fa, che rientra in un piano più ampio di modernizzazione delle forze armate, ma che non è stata né accelerata né modificata in funzione del conflitto ucraino o dei rapporti con Washington.

Il rifiuto di Roma, dunque, non equivale a un distanziamento politico o strategico dagli alleati americani, né da Kiev, ma rappresenta piuttosto una presa d’atto delle limitazioni strutturali del bilancio italiano. La scelta del governo, in questo senso, è di non impegnarsi in nuove commesse militari dirette con gli Usa, preferendo percorsi alternativi di cooperazione e presenza industriale.

Cresce la presenza delle imprese italiane negli Stati Uniti

Parallelamente, infatti, si rafforza la presenza delle aziende italiane sul mercato americano. Un trend in crescita, favorito da collaborazioni già avviate in ambito tecnologico, energetico e manifatturiero, ma che non passa – almeno per ora – attraverso il canale degli armamenti. L’Italia intende mantenere un ruolo attivo nei rapporti transatlantici, ma lo fa senza cedere a una logica di militarizzazione degli investimenti.

La posizione italiana assume un peso ancora maggiore se confrontata con quella tedesca. Berlino, con margini finanziari più ampi, ha scelto di accontentare la richiesta americana con l’acquisto dei sistemi Patriot, in parte da destinare a Kiev. Una scelta, spiegano fonti italiane, «totalmente autonoma» e non concertata a livello europeo o all’interno della NATO.

Più dialogo politico, meno spese belliche

Il messaggio che l’Italia sembra voler inviare all’amministrazione americana è chiaro: il sostegno a Trump (o a qualsiasi futuro presidente) non deve passare obbligatoriamente per l’aumento della spesa militare. Esistono – questa la posizione di Roma – altri modi per rafforzare l’alleanza atlantica, più sostenibili dal punto di vista economico e forse anche più efficaci nel medio-lungo periodo.

In un contesto globale in cui il riarmo torna al centro del dibattito politico, l’Italia tenta di smarcarsi da una logica di automatismo strategico. Il niet italiano agli acquisti di armi americane è, dunque, una scelta politica consapevole, dettata da vincoli economici e da una diversa visione del ruolo che l’Europa – e il nostro Paese in particolare – deve giocare nei nuovi equilibri globali.

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