
A 16 anni si sogna in grande. Si comincia a costruire un’identità, si partecipa a pieno titolo alla vita scolastica, ci si affaccia sul mondo del lavoro o su quello dello studio con lo sguardo acceso dall’ambizione. Per molti, è l’età in cui si scopre l’attivismo, il senso civico, la rabbia verso le ingiustizie. È l’età in cui si inizia a comprendere che le decisioni dei grandi non sono così lontane: influenzano la qualità dell’aria che si respira, il prezzo dei trasporti pubblici, il diritto allo studio, il futuro del pianeta.
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Eppure, fino a oggi, in gran parte del mondo, a quell’età non si aveva ancora diritto a una cosa fondamentale: il voto. Nonostante si lavori, si paghi l’abbonamento del bus, si partecipi alla vita di comunità, manca la possibilità di incidere, con una preferenza elettorale, sul destino della propria nazione. Per molti ragazzi, quella sensazione di essere presenti ma non rappresentati è stata fonte di frustrazione e disillusione. Ma qualcosa sta cambiando.

La svolta storica arriva dal Regno Unito
È in questo scenario che arriva una svolta epocale dal Regno Unito, dove il nuovo governo laburista ha deciso di abbassare l’età per votare a 16 anni. La riforma, già promessa nel programma elettorale, è stata presentata come il cambiamento più profondo del sistema democratico britannico dal 1969, anno in cui il diritto di voto fu esteso ai diciottenni. Questa nuova apertura potrebbe aggiungere circa 9,5 milioni di nuovi elettori ai 48 milioni già registrati.
Il provvedimento sarà valido già dalle prossime elezioni generali e uniformerà il sistema nazionale a quello già adottato nei parlamenti regionali: i sedicenni in Scozia e in Galles possono infatti già votare rispettivamente nei parlamenti di Holyrood e del Senedd. Ora, con questa estensione, tutto il Regno Unito si allinea a una visione più ampia e inclusiva del concetto di partecipazione democratica.
Starmer e Rayner: “Diamo fiducia, rafforziamo la democrazia”
La riforma è stata accolta con entusiasmo dal primo ministro Keir Starmer e dalla vicepremier Angela Rayner, che ne ha illustrato gli obiettivi: “Troppo a lungo la fiducia nelle nostre istituzioni democratiche è stata logorata. Oggi stiamo abbattendo le barriere alla partecipazione e rispettando l’impegno preso con i cittadini, offrendo a 16enni e 17enni la possibilità di esprimersi con il voto”.
Rayner ha anche aggiunto che non si può dare per scontata la democrazia: “Aumentare la partecipazione elettorale significa proteggere il futuro della nostra società. Più giovani coinvolti, più fiducia nelle regole comuni”.
Il governo ha voluto sottolineare che molti sedicenni già contribuiscono alla vita del Paese lavorando, pagando le tasse e, in alcuni casi, prestando servizio militare. Dare loro il voto è un passo coerente con questa realtà.
Pugno duro contro i finanziamenti occulti
Parallelamente, l’esecutivo ha annunciato anche misure per contrastare le influenze esterne sulla politica britannica. In particolare, saranno colmate le falle che permettono a donatori stranieri di finanziare partiti attraverso società fantasma. La commissione elettorale avrà maggiori poteri sanzionatori, con multe che potranno arrivare fino a 500mila sterline per chi viola le norme sul finanziamento della politica.

Questo pacchetto normativo, secondo il governo, serve a rafforzare ulteriormente la trasparenza democratica e a impedire che interessi oscuri condizionino il processo elettorale. Si tratta, nelle intenzioni, di un rafforzamento delle fondamenta istituzionali insieme a un’apertura verso il futuro.
Un’Europa ancora divisa sull’età del voto
Con questa riforma, il Regno Unito entra nel ristretto gruppo di Paesi europei che consentono il voto ai sedicenni. A oggi, solo Austria e Malta garantiscono pieno accesso al voto nazionale ed europeo già a 16 anni. La Grecia, invece, consente il voto a partire dai 17 anni. In altri Stati, come Germania e Belgio, è possibile votare a 16 anni solo per le elezioni locali o per il Parlamento europeo.
Il passo compiuto da Londra segna quindi un cambio di paradigma: da un’idea di partecipazione legata all’età adulta, a una visione in cui i giovani cittadini sono considerati a pieno titolo protagonisti delle scelte pubbliche. Per la democrazia britannica, e forse anche per altre nazioni, potrebbe essere solo l’inizio di una nuova stagione.