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Gaza, bombe sulla chiesa della Sacra Famiglia: almeno tre morti. Netanyahu si giustifica: “Perché è successo”

Pubblicato: 18/07/2025 08:19

Non erano combattenti, né soldati. Erano civili, rifugiati in un luogo sacro, cercando riparo dalle bombe che piovono da mesi sulla Striscia. La Chiesa della Sacra Famiglia, nel cuore di Gaza City, si è trasformata nell’ennesimo bersaglio di un conflitto che non risparmia nulla: almeno tre morti, nove feriti, due dei quali in condizioni critiche. Erano uomini, donne, famiglie, che avevano perso tutto e avevano scelto la chiesa come ultimo rifugio. Lì dove speravano di salvarsi, hanno trovato la morte.

Il Patriarcato latino di Gerusalemme, che ha denunciato l’attacco, ha parlato di “civili innocenti colpiti in un luogo sacro”. Fra i feriti anche il parroco padre Gabriel Romanelli, lievemente contuso. «Le persone rifugiate nel complesso speravano che gli orrori della guerra potessero risparmiar loro la vita, dopo che le loro case, beni e dignità erano già stati distrutti», si legge in un comunicato diffuso su X. L’appello del Patriarcato è chiaro: basta colpire i civili, basta colpire i luoghi di culto.

A confermare l’attacco, che ha scosso anche le cancellerie internazionali, è stato il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, in un’intervista a Vatican News: «Un carro armato, dicono le IDF per errore — ma non ne siamo sicuri — ha colpito direttamente la chiesa». E poi aggiunge: «Non abbiamo ancora tutte le informazioni. La comunicazione con Gaza è difficilissima. Ma di certo non lasceremo mai sola la comunità cattolica di Gaza».

Nel frattempo, sul fronte politico, è arrivata una dichiarazione significativa dagli Stati Uniti. Secondo Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, nel colloquio privato tra Donald Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, quest’ultimo avrebbe ammesso che il colpo alla chiesa è stato “un errore”. Una frase che pesa come un macigno, soprattutto di fronte al numero crescente di civili uccisi.

Il raid sulla chiesa è avvenuto in una giornata già tragica: almeno 94 morti in 24 ore, secondo il ministero della Salute di Gaza, tra cui 26 persone uccise mentre cercavano aiuti umanitari. Un numero che si somma a quello, drammatico, delle 58.667 vittime palestinesi dall’inizio della guerra, con oltre 139.940 feriti.

Da maggio, il controverso programma GHF per la distribuzione di aiuti — sostenuto da Stati Uniti e Israele — ha visto morire 877 palestinesi mentre cercavano cibo e beni di prima necessità. Più di 5.600 sono rimasti feriti.

Il dolore e l’indignazione non si fermano. Perché i numeri raccontano solo una parte. Il resto è nei volti di chi ha perso tutto. Anche la speranza.

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