
Un tempo bastavano una stretta di mano e una busta gonfia di contanti per sigillare un patto di corruzione. Oggi, nelle trame dell’urbanistica milanese, la mazzetta si è trasformata in una parcella da studio professionale, la tangente in un incarico privato, e il “do ut des” si perde in una ragnatela di triangolazioni. A fare chiarezza, come in una gigantesca stele di Rosetta, ci provano gli investigatori, risalendo il palazzo dell’illecito piano dopo piano.
Sono 74 gli indagati e molteplici i filoni che, da oltre due anni, la Procura di Milano scandaglia nei rapporti tra progettisti, imprenditori e pubblici ufficiali. Uno dei fronti più caldi è quello che riguarda la Commissione Paesaggio del Comune, i cui membri – nominati dal sindaco su proposta degli uffici – avrebbero taciuto conflitti d’interesse per trarne utilità personali. È il caso del presidente Giuseppe Marinoni e del commissario Alessandro Scandurra, che avrebbero omesso di astenersi su pratiche urbanistiche che coinvolgevano soggetti da cui avevano ricevuto incarichi come architetti.
Secondo la Procura, questa mancata astensione costituisce l’atto contrario ai doveri d’ufficio, mentre i compensi professionali incassati vanno qualificati come utilità indebite: 369.000 euro da J+S spa, 10.000 euro da Acpv Architects, 26.900 euro da Lombardini22 per Marinoni, oltre a somme non precisate dalla svizzera Arch Group; mentre per Scandurra si ipotizzano 279.000 euro da Egidio Holding, 321.000 euro da Castello sgr, 2 milioni e 579.000 euro da Kryalos sgr e 138.000 euro da Coima sgr.
Ma l’inchiesta sale di livello. Al terzo piano dell’impianto investigativo, i pm ipotizzano anche il falso da parte dell’assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi e del sindaco Beppe Sala, per aver confermato Marinoni alla presidenza della nuova Commissione Paesaggio 2025-2029 nel dicembre 2024, nonostante fossero consapevoli delle sue pendenze e degli incarichi ricevuti da operatori del settore.
Non una semplice leggerezza, secondo la Procura, ma un calcolo politico: Tancredi, pur sapendo dei conflitti, avrebbe «strumentalizzato Marinoni» per influenzare le valutazioni urbanistiche su progetti rilevanti. Tra questi, il “Pirellino”, che vede coinvolti due nomi noti: Stefano Boeri e Manfredi Catella (Coima). L’assessore, sotto pressioni indebite, avrebbe convinto Marinoni a modificare il parere da negativo a favorevole, in un crescendo di contatti, incontri e messaggi criptici ricostruiti dai pm.
La Guardia di Finanza ricostruisce una vera e propria escalation nei giorni caldi del giugno 2023, vigilia della seduta decisiva sul progetto. In una chat sequestrata a Boeri, il 21 giugno, si legge: «Bisogna che Beppe convochi Marinoni e ci parli… gli ho inviato un messaggio da amico ad amico, c’è una situazione che mi fa paura…». Lo stesso giorno si tiene un incontro in Comune con Tancredi, il dg Malangone e il capo di gabinetto Vanni. E il giorno seguente, Boeri scrive a Catella: «Il progetto ha ottenuto il parere favorevole condizionato».
Tutto, secondo i pm, convergerebbe in un’ipotesi di induzione indebita a dare o promettere utilità, con pressioni convergenti di Boeri, Catella e Tancredi su Marinoni, e una sponda istituzionale del sindaco Sala. L’obiettivo? Influenzare il destino di progetti urbanistici cruciali per la città, facendo leva su relazioni personali e posizioni strategiche.
Settimana prossima, il gip Mattia Fiorentini deciderà se accogliere le sei richieste d’arresto avanzate dalla Procura, dopo gli interrogatori preventivi previsti il 23 luglio. Intanto, il grattacielo dell’indagine continua a salire, piano dopo piano, incrociando architettura, denaro e potere.