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Gaza, morti tra chi cerca aiuti umanitari: strage di bambini

Pubblicato: 19/07/2025 19:56

Ancora vittime tra la popolazione civile di Gaza, dove prosegue senza tregua l’offensiva dell’esercito israeliano. Secondo quanto riferito dal ministero della Sanità di Gaza, solo nella giornata di oggi più di 100 palestinesi sarebbero stati uccisi in diverse aree della Striscia. A Rafah, nel sud, almeno 35 persone sono morte all’alba mentre si trovavano nei pressi di un centro per la distribuzione di aiuti alimentari della Global Humanitarian Foundation (GHF). Le vittime si erano messe in fila per ricevere beni essenziali come riso o farina, diventati ormai introvabili.

Il personale sanitario ha riferito che i corpi sono stati trasportati all’ospedale Nasser, già da mesi al collasso e incapace di sostenere il flusso continuo di feriti e deceduti. Le strutture mediche, prive di carburante e materiali chirurgici, curano i pazienti in condizioni estreme, spesso nei corridoi o direttamente sul pavimento.

Cresce l’emergenza malnutrizione


La crisi umanitaria nella Striscia di Gaza si aggrava. Oltre alla minaccia delle bombe, la fame miete vittime ogni giorno. Le autorità sanitarie parlano di un aumento significativo dei decessi per malnutrizione, mentre i punti di distribuzione degli aiuti umanitari, sempre più affollati, si trasformano in potenziali teatri di nuove tragedie.

Da Deir el-Balah, la giornalista Hind Khoudary ha raccolto la disperazione di chi affronta lunghe marce sotto il sole per cercare un pasto: “Moriremo comunque, di fame o sotto i colpi dell’esercito”, raccontano alcuni. Una situazione che in molti descrivono come una strage silenziosa.

Grave anche il bilancio tra i più piccoli. Save the Children ha comunicato la morte di cinque bambini, di età compresa tra i 6 e gli 11 anni, sostenuti dai suoi programmi. Altri due risultano feriti. “È tempo di agire, senza esitazioni”, ha dichiarato Ahmad Alhendawi, direttore regionale dell’organizzazione. “Il sostegno economico è fondamentale, ma serve una risposta diplomatica forte e un cessate il fuoco immediato.

GHF: “Nessun attacco nei nostri centri”

La Gaza Humanitarian Foundation ha smentito che l’attacco avvenuto a Rafah sia avvenuto nei pressi dei suoi centri di distribuzione. Secondo l’organizzazione, gli spari attribuiti alle forze israeliane si sarebbero verificati a distanza dai loro siti e prima dell’apertura degli stessi. In una nota, la fondazione ha ribadito l’invito a non recarsi nelle vicinanze durante le ore notturne o all’alba.

Trump: “Presto il rilascio di 10 ostaggi israeliani”

Dal fronte politico, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato che dieci ostaggi israeliani potrebbero essere rilasciati a breve. Nessun dettaglio, però, è stato fornito sulle modalità dell’operazione.

A sorprendere è la posizione del cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha definito le operazioni israelianenon più accettabili”, rompendo con la tradizionale linea di sostegno tedesco a Tel Aviv.

Il Vaticano condanna l’attacco alla chiesa cattolica

Anche l’Italia ha espresso, il 17 luglio scorso, una prima condanna esplicita per gli attacchi a obiettivi civili palestinesi, dopo il bombardamento della chiesa cattolica della Sacra Famiglia a Gaza, che ha causato tre morti e sei feriti. Tra questi anche padre Gabriel Romanelli, rimasto colpito a una gamba.

“Bisogna capire se si è trattato di un errore o di un attacco deliberato”, ha dichiarato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, parlando al Tg2.

Regno Unito, proteste contro il bando a Palestine Action

Nel Regno Unito, infine, continuano le proteste contro la messa al bando del gruppo Palestine Action. Manifestazioni sono previste in diverse città, tra cui Manchester, Edimburgo, Bristol, Truro e Londra, nonostante gli avvertimenti delle forze dell’ordine. La polizia britannica ha già effettuato circa 70 arresti nelle ultime due settimane. Gli organizzatori del movimento Defend Our Juries parlano di almeno 120 fermi complessivi.

Lunedì prossimo è attesa un’udienza cruciale presso l’Alta Corte, durante la quale la cofondatrice Huda Ammori chiederà di poter impugnare il divieto imposto dal governo britannico.

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