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Giulia Cecchettin, la frase spiazzante del padre Gino su Turetta: “Se lo avesse fatto…”

Pubblicato: 19/07/2025 11:35
Cecchettin frase Gino Turetta

Ci sono dolori che non si possono descrivere, solo attraversare. Ferite che non si rimarginano ma che, con coraggio e lucidità, possono trasformarsi in battaglie civili, in appelli alla coscienza collettiva. È il caso di Gino Cecchettin, padre di Giulia Cecchettin, la giovane uccisa nel 2023 da Filippo Turetta, che ha deciso di restare nel mondo, di parlarne, di non cedere all’odio e alla rabbia, ma di trasformare l’abisso in testimonianza.
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Lo ha fatto di nuovo, questa volta davanti ai giovani giurati del Giffoni Film Festival, parlando di educazione affettiva, patriarcato, linguaggio sessista e della necessità urgente di un cambiamento culturale. In una società dove la violenza maschile contro le donne continua a insanguinare le cronache, la sua voce si leva ferma ma mai urlata, per ricordare che il vero cambiamento deve cominciare dentro ciascuno di noi.

Il dolore trasformato in testimonianza

Nel suo intervento al Giffoni, Gino Cecchettin ha condiviso con i ragazzi il suo percorso di elaborazione del dolore, quello che ha intrapreso dopo la perdita devastante della figlia Giulia. Ha parlato della scelta consapevole di non lasciarsi travolgere dall’odio: «Sapevo che l’odio avrebbe fatto più male a me che ad altri. In un momento in cui non potevo soffrire più di quanto stavo già soffrendo, ho cercato di allontanarmi da quei sentimenti».

Una forza d’animo che oggi lo guida nell’attività della Fondazione Giulia Cecchettin, nata per promuovere progetti educativi e culturali. «Ho voluto assomigliare a lei – ha detto –, cercare di essere un po’ più altruista». Un esempio di resilienza e impegno che continua a parlare ai giovani e agli adulti, chiamando tutti alla responsabilità.

L’urgenza dell’educazione emotiva

Al centro del suo intervento, Gino Cecchettin ha ribadito quanto sia fondamentale investire nella educazione emotiva e nell’alfabetizzazione affettiva, elementi che considera chiave per contrastare la violenza di genere. «Se Filippo avesse seguito un corso di emotività, probabilmente rispetto al no di Giulia avrebbe sì sofferto, ma anche compreso che la vita continua e si va avanti».

Parole forti, dirette, che puntano il dito non solo contro l’individuo, ma contro un intero sistema educativo e sociale che troppo spesso trascura l’aspetto emotivo della crescita. La sua è una proposta concreta: educare alla gestione delle emozioni, al rispetto dell’altro, alla consapevolezza del sé. «Questo dovremmo insegnare ai nostri ragazzi: non esiste il buio totale, l’educazione serve a togliere quello strato di polvere e a far capire che lì sotto c’è la luce».

Un blog per raccogliere espressioni di sessismo

Nel corso dell’incontro, Cecchettin ha lanciato anche una proposta diretta ai giurati del Giffoni: creare un blog in cui vengano raccolte tutte le espressioni sessiste, maschiliste e patriarcali che ancora circolano nel linguaggio quotidiano. «Mi piacerebbe vedere un blog che raccolga queste espressioni, così quando qualcuno chiede cos’è il patriarcato si hanno delle evidenze».

Secondo il padre di Giulia, è proprio dal linguaggio che deve iniziare il cambiamento: «Il patriarcato è una parola che dà fastidio, ma parliamo di un problema sociale che è ancora vivo nel tessuto, nei comportamenti. Solo che non si vede, o perché ci siamo abituati o perché lo consideriamo arcaico». Una riflessione che scava nella cultura, che va oltre il fatto di cronaca e interroga le strutture profonde del nostro modo di vivere e comunicare.

Il distacco dai gradi di giudizio

Nel suo intervento, Gino Cecchettin ha anche parlato dell’iter giudiziario legato alla morte di Giulia, mantenendo però un tono misurato e riflessivo: «Vivo a prescindere dai gradi di giudizio. Non voglio farmi condizionare la vita da una sentenza». Una presa di posizione che mette al centro il valore del vivere, del continuare, nonostante tutto.

Il suo messaggio è chiaro: la giustizia formale non può restituire ciò che è stato tolto, ma può e deve convivere con una giustizia più ampia, quella della prevenzione, della formazione e dell’educazione. Solo così, ha suggerito, si può costruire una società che sappia davvero tutelare le sue figlie e i suoi figli.

Un’eredità di senso da non disperdere

L’intervento di Gino Cecchettin al Giffoni Film Festival non è stato solo un ricordo doloroso, ma una chiamata all’azione collettiva. Una riflessione profonda sul ruolo della scuola, della famiglia, delle istituzioni nel contrastare una cultura che, spesso silenziosamente, legittima la sopraffazione e la violenza.

Nel nome di Giulia, la sua voce continua a farsi sentire. Non per riscrivere il passato, ma per provare a salvare il futuro. Perché il cambiamento non arriverà dall’alto, ma da ciascun ragazzo e ragazza che sceglierà, giorno dopo giorno, di vivere e crescere in una cultura diversa, fondata sul rispetto, sull’empatia, sull’amore consapevole.

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