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“Trump pretende di più”, l’accordo sui dazi tra Europa e Usa rischia di saltare

Pubblicato: 19/07/2025 07:34

Il tavolo resta aperto, ma il mazziere è cambiato. A Bruxelles lo dicono chiaramente: Trump ha preso in mano la partita. È lui ora a dettare condizioni nei negoziati con l’Unione europea per scongiurare una guerra commerciale. Nella riunione di giovedì a Washington tra il commissario europeo Maros Sefcovic e i rappresentanti americani, è emersa una verità netta: gli Usa vogliono di più, molto più di quanto l’Europa sia disposta a concedere.

Il cuore della contesa riguarda i dazi doganali. Mentre l’Ue cerca di fermarli al 10%, gli americani puntano almeno al 15%. Ma Trump va oltre: pretende il 20%, soprattutto sugli alimentari, e non vuole concedere nessuna esenzione per settori chiave come farmaci e automotive.

Bruxelles tiene il punto

La Commissione ha scelto una linea pubblica di equilibrio. “Un accordo è ancora possibile, ma l’ultimo chilometro è il più difficile”, ha dichiarato un portavoce. In un incontro riservato con gli ambasciatori dei 27, Sefcovic ha spiegato che l’Ue è pronta a garantire tariffe zero sui beni americani in cambio di una base stabile al 10%.

Ma il negoziatore americano Greer appare isolato: a spingere è il ministro Lutnick, spalleggiato direttamente dal presidente. Trump ha messo in chiaro di voler chiudere entro il primo agosto, con un annuncio forte e politicamente utile. Vuole “accordi con dazi molto alti” e, come ha detto lui stesso, “quando diciamo che pagherete il 35% o il 40%, quello è un accordo”.

L’offensiva sui mercati

L’obiettivo è forzare l’apertura dei mercati stranieri, anche a costo di minacce dirette. E intanto rilancia anche sul digitale: chiede all’Europa di modificare le sue regole su Big Tech, linea rossa per Bruxelles. Gli europei si aspettano una nuova proposta americana già all’inizio della prossima settimana.

Nel frattempo la Commissione sta valutando quale livello di asimmetria i Paesi membri siano disposti a tollerare pur di arrivare a un’intesa. Il rischio è cedere troppo per evitare il peggio. Alcuni governi iniziano a chiedersi se valga la pena rispondere con misure simmetriche, anche al costo di uno scontro aperto.

Ritorsioni pronte

Due liste di controdazi sono già pronte, anche se per ora congelate. Ma il fronte europeo inizia a compattarsi. Anche la Germania, finora prudente, ha aperto all’uso dello strumento contro la coercizione economica, considerato la leva più efficace per contrastare la pressione Usa.

La Francia da settimane spinge per un cambio di passo. E ora anche altri Paesi sembrano pronti a seguirla. La sensazione è che la disponibilità al compromesso stia lasciando spazio alla logica del danno controllato: meglio un conflitto aperto che una resa silenziosa.

Giorgetti avverte: “Allarme economico”

Dal G20 di Durban, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha parlato senza giri di parole. “Siamo preoccupati per l’impatto dell’incertezza e delle tensioni commerciali”, ha detto. E ha aggiunto che il deprezzamento del dollaro sta aggravando l’effetto dell’aumento dei dazi, colpendo le esportazioni europee su più fronti.

Sul fronte accademico, arriva l’analisi di Clemens Fuest, presidente dell’Ifo Institute: “È giusto non rompere del tutto. Gli Usa restano vulnerabili sul digitale”. Per ora, la sfida è capire se l’Europa saprà sfruttare quelle fragilità o sarà costretta ad accettare un compromesso punitivo.

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