
C’è anche l’Italia, indirettamente, tra le storie che si intrecciano dietro le sbarre del nuovo centro detentivo per migranti Alligator Alcatraz, inaugurato da pochi giorni nella Contea di Miami-Dade, in Florida. Una struttura ribattezzata fin da subito “l’Alcatraz degli alligatori” per le sue misure di sicurezza estreme e l’ubicazione in una zona paludosa, tanto da aver subito allagamenti fin dal primo giorno di apertura. In questo luogo sospeso tra legalità e polemiche, vengono trattenuti migranti privi di documenti regolari o colpiti da provvedimenti di espulsione. Tra loro, attualmente, si trovano anche due cittadini italiani, finiti in un sistema giudiziario e migratorio duro e spesso impenetrabile.
Mirabella Costa, dalla detenzione per aggressione al rimpatrio forzato

Il primo è Gaetano Cateno Mirabella Costa, 44 anni, originario di Taormina. Il suo ingresso nel circuito penale statunitense è iniziato a gennaio 2025, quando è stato arrestato nella Contea di Marion per detenzione illecita di farmaci, aggressione e violenza contro un anziano. Le accuse, gravi, hanno portato a una condanna a sei mesi di carcere, scontata interamente nella struttura locale. All’uscita, però, la libertà non è arrivata: Mirabella Costa è stato immediatamente preso in carico dalle autorità federali per l’immigrazione, che ne hanno disposto la deportazione in Italia, ritenendo il suo soggiorno incompatibile con le norme migratorie.
Il trasferimento al centro Alligator Alcatraz è avvenuto lo scorso 9 luglio, appena pochi giorni dopo l’inaugurazione della struttura, che ha già attirato numerose critiche da parte di attivisti e osservatori per le condizioni logistiche e le difficoltà di accesso alle informazioni da parte delle autorità consolari.
Fernando Eduardo Artese, irregolare in Florida con un permesso da turista

Diversa ma parallela la vicenda di Fernando Eduardo Artese, 64 anni, nato a Buenos Aires ma cittadino italiano e argentino, con residenza a Las Palmas de Gran Canaria, nelle Canarie, dove vive con la moglie e i due figli. La sua situazione si è complicata a giugno 2025, quando è stato fermato per un controllo stradale mentre era alla guida di un veicolo commerciale segnalato per una contravvenzione non saldata. Dal controllo sono emerse irregolarità legate al suo status migratorio: Artese si trovava negli Stati Uniti con un permesso Esta per turismo, ma secondo le autorità svolgeva attività lavorativa non autorizzata, configurando così un caso di overstay.
Dopo una prima fase di detenzione presso il centro del Border Patrol di Riviera Beach, il 3 luglio è stato trasferito ad Alligator Alcatraz, dove si trova tuttora in attesa di espulsione. Il suo caso è seguito in parallelo dai consolati italiano e argentino, data la doppia cittadinanza e la residenza ufficiale in Spagna.
Un muro di silenzio istituzionale: ostacoli nei contatti con Ice-Ero
Le difficoltà per i familiari e per le autorità consolari italiane non si limitano alla distanza geografica. La gestione del centro è affidata a una divisione di Ice-Ero (Enforcement and Removal Operation), l’agenzia federale statunitense incaricata di eseguire le deportazioni, nota per la sua scarsa trasparenza e la rigidità delle comunicazioni. Nonostante i ripetuti tentativi, risulta complesso ottenere informazioni puntuali sullo stato di detenzione dei due connazionali, così come sulle tempistiche e le modalità del rimpatrio.
Il consolato generale d’Italia a Miami ha interessato l’Office for Foreign Missions (Ofm) del Dipartimento di Stato, che ha fornito i contatti dell’ufficiale incaricato delle procedure di rimpatrio presso Alligator Alcatraz. Un passo avanti, ma ancora lontano dalla possibilità di un dialogo diretto ed efficace con la struttura. Nel frattempo, i familiari dei due italiani restano in attesa, con informazioni frammentarie e molte incognite.
Dietro le sbarre di Alcatraz: vite sospese tra due Stati
Il caso dei due detenuti italiani mette in luce, ancora una volta, le contraddizioni del sistema migratorio statunitense e la fragilità delle tutele per i cittadini stranieri, anche quando provengono da Paesi alleati come l’Italia. In strutture come Alligator Alcatraz, la detenzione amministrativa si mescola alla dimensione penale, creando un limbo legale in cui il tempo si ferma, le procedure si allungano e il contatto umano si affievolisce. Per Gaetano Cateno Mirabella Costa e Fernando Eduardo Artese, la via del ritorno in patria è ancora incerta. Ma una cosa appare chiara: nelle maglie strette dell’immigrazione americana, non bastano due passaporti europei per evitare la cella.