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Garlasco, è la fine: la procura ha parlato chiarissimo

Pubblicato: 21/07/2025 20:58

Un nuovo capitolo si aggiunge al caso Garlasco, a quasi diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi. La Procura di Pavia ha respinto la richiesta di incidente probatorio avanzata dai legali della famiglia della giovane, uccisa il 13 agosto 2007 nella sua villetta di via Pascoli. Al centro della contesa legale, l’ormai nota “impronta 33”, una traccia palmare rinvenuta su una parete della scala interna dell’abitazione. Secondo i pubblici ministeri, però, non è più possibile eseguire accertamenti biologici sulla traccia.

La richiesta di nuovi esami si fondava sulla possibilità che l’impronta contenesse residui di sangue, ipotesi avanzata in passato anche dalla difesa di Alberto Stasi, ex fidanzato di Chiara e unico condannato in via definitiva per il delitto. Stasi, oggi in carcere con una condanna a 16 anni, attraverso i suoi legali ha più volte sostenuto che quella traccia, densa e scura, potesse contenere materiale biologico utile a riaprire il caso. Ma la Procura ha risposto con decisione, spegnendo le speranze di nuovi accertamenti.

Solo dal terzo paragrafo viene citato esplicitamente il nome di Andrea Sempio, l’amico di Chiara finito sotto i riflettori dopo una segnalazione anonima nel 2016. Il nuovo fascicolo a suo carico ipotizza il concorso con altri o con lo stesso Alberto Stasi. Tuttavia, gli accertamenti più recenti della Procura smentiscono che si possa procedere su quella famosa impronta: l’intonaco grattato contenente la traccia è stato interamente utilizzato per analisi precedenti, ed è oggi inutilizzabile per ulteriori test.

Il tenente colonnello Alberto Marino del RIS di Parma, in una comunicazione ai pubblici ministeri datata 9 giugno 2025, ha chiarito che l’impronta 33 è stata sottoposta a una serie di analisi biologiche negli anni immediatamente successivi all’omicidio. Tra queste, anche l’OBTI test, una tecnica specifica per rilevare sangue umano, che diede esito negativo. La Procura cita inoltre una relazione del RIS del 15 ottobre 2007, a sostegno dell’impossibilità di ottenere nuove informazioni dalla traccia.

Un ulteriore elemento sottolineato nel provvedimento del 2 luglio è la mancanza della fialetta originaria contenente il materiale grattato dalla parete. Durante una verifica dei reperti conservati al RIS di Parma, effettuata il 17 giugno 2025, la fialetta non è stata rinvenuta. Questo, per i magistrati, rappresenta la conferma definitiva dell’impossibilità di eseguire nuove analisi scientifiche su quella specifica impronta.

Il nodo resta tuttavia aperto sul fronte dell’attribuzione della traccia. Se la Procura e la difesa di Alberto Stasi ritengono che l’impronta palmare sia compatibile con la mano destra di Andrea Sempio, i consulenti nominati dalla famiglia Poggi e dalla difesa dello stesso Sempio contestano con forza questa ipotesi. Per loro l’impronta non sarebbe databile, né tanto meno riconducibile al giovane.

A quasi due decenni dal delitto, il caso continua a dividere e sollevare interrogativi. La certezza giudiziaria della condanna di Alberto Stasi non ha mai placato del tutto i dubbi dell’opinione pubblica, compresi coloro che hanno visto nelle impronte “non spiegate” o negli elementi a lungo trascurati, possibili chiavi alternative per spiegare l’omicidio.

Il rifiuto della Procura di avviare nuovi accertamenti potrebbe rafforzare l’idea che l’indagine, per quanto complessa, abbia esaurito il suo potenziale probatorio. Ma per la famiglia Poggi – come per gli avvocati di Sempio – la partita resta aperta. Si attende ora di capire se verranno presentati nuovi ricorsi o se sarà il giudice per le indagini preliminari a esprimersi su eventuali ulteriori richieste.

Nel frattempo, l’impronta 33 resta il simbolo di un mistero mai del tutto risolto: una traccia visibile, ma scientificamente ormai inaccessibile, che continua a dividere chi cerca ancora verità, da chi ritiene che quella verità sia già stata scritta nelle aule di giustizia.

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