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“Giustiziato in strada”. Il campione ucciso a soli 22 anni, poi altro orrore: “Anche la madre”

Pubblicato: 21/07/2025 19:40

Aveva solo ventidue anni e un futuro costruito con fatica, fatto di pesi sollevati, di podi raggiunti con disciplina e sudore. Era la storia di un ragazzo che stava provando a sollevarsi da una realtà complicata, trovando nello sport un orizzonte di riscatto. Poi, una notte di luglio, mentre viaggiava in moto con un amico, una mano armata ha fatto fuoco, chiudendo per sempre quella traiettoria. Una vita spezzata in mezzo alla strada, sotto i fari di un quartiere qualunque.

Qualche giorno dopo, la madre del ragazzo, gravemente malata da tempo, non ha retto al dolore. La notizia della morte del figlio è stata per lei come un colpo finale: le sue condizioni sono peggiorate rapidamente, fino a portarla alla morte. Aveva 52 anni, e fino all’ultimo aveva trovato nella forza del figlio una ragione per resistere.

L’agguato a Pereira e le immagini delle telecamere

Il ragazzo si chiamava Juan Esteban Peña Bolivar, e il suo omicidio ha scosso profondamente la città di Pereira, nella provincia colombiana di Risaralda. L’agguato è avvenuto nella notte del 10 luglio, mentre il giovane stava rientrando a casa in moto con un amico. I due sono stati affiancati da un’altra motocicletta con due sicari a bordo. Un’azione rapida, precisa, documentata dalle immagini di una telecamera di sorveglianza.

Il passeggero della moto ha aperto il fuoco sparando diversi colpi: Juan Esteban è stato raggiunto da almeno tre proiettili, ha perso il controllo del mezzo ed è caduto sull’asfalto. L’amico, ferito, è riuscito a salvarsi. L’aggressore è poi sceso dalla moto, si è avvicinato al corpo a terra e ha sparato ancora, per assicurarsi che fosse morto. Pochi istanti dopo, una pattuglia della polizia ha incrociato la scena e ha reagito aprendo il fuoco, ma i due sicari sono riusciti a fuggire.

Una madre che non ha retto la notizia

Nella casa di famiglia, la madre del giovane atleta, Sandra Bolivar, già seguita per una malattia terminale, ha ricevuto la notizia dell’omicidio tra le lacrime. I medici raccontano che le sue condizioni si sono aggravate quasi subito. Quello che ha vissuto è stato un trauma troppo grande: nel giro di pochi giorni è morta anche lei, lasciando un vuoto ancora più profondo e gettando nel lutto i pochi familiari rimasti.

Il doppio colpo ha suscitato grande commozione in Colombia, soprattutto tra chi conosceva la storia di Juan Esteban, cresciuto in un contesto non facile, ma sempre deciso a costruirsi una strada diversa, fatta di sport e disciplina.

Una carriera brillante interrotta dalla violenza

Juan Esteban aveva cominciato a sollevare pesi da bambino, in uno dei centri sportivi popolari della città. Si era fatto notare molto presto per la sua potenza fisica, ma anche per la sua capacità di concentrazione. A soli 16 anni, nel 2019, aveva già conquistato un titolo panamericano Under 17, bissato poi nel 2020. Era diventato un simbolo di tenacia, un esempio per tanti ragazzi come lui.

Il suo ultimo trionfo risale al 2023, quando ai Giochi Nazionali aveva vinto una medaglia d’oro e due d’argento, dimostrando di essere uno degli atleti più promettenti del panorama colombiano. Amava raccontare che ogni volta che saliva sul podio pensava a sua madre, alle ore trascorse con lei in ospedale tra un allenamento e l’altro. Non era raro vederla, anche in sedia a rotelle, assistere alle sue gare.

Indagini in corso, la Colombia chiede giustizia

Dopo l’omicidio, le autorità locali hanno avviato un’indagine serrata per cercare di risalire ai responsabili. I filmati dell’agguato sono stati acquisiti dalla polizia e stanno ora passando al vaglio degli investigatori. L’ipotesi prevalente è che si tratti di un omicidio su commissione, forse legato a dinamiche criminali locali. Ma le piste restano aperte. Nessun arresto è stato ancora effettuato.

Il Ministero dello Sport colombiano ha diffuso una nota ufficiale in cui si esprime “profondo dolore per la perdita di un giovane atleta di valore” e si chiede giustizia immediata. Anche la Federazione Colombiana di Sollevamento Pesi ha voluto ricordarlo come un “modello di dedizione e sacrificio, un campione non solo nella tecnica ma nello spirito”.

Un’eredità spezzata troppo presto

Oggi, nella casa dove vivevano Juan Esteban e Sandra, restano le medaglie appese al muro, le scarpe da gara ancora allineate sotto il letto, e una fotografia in cui madre e figlio sorridono abbracciati dopo una vittoria. Quel sorriso ora è diventato memoria, e quella memoria pesa quanto i carichi che Juan sollevava in pedana.

Nel silenzio che resta, la Colombia si interroga su una violenza che continua a colpire giovani talenti, togliendo futuro a chi se lo stava guadagnando giorno dopo giorno, senza scorciatoie.

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