
Alta tensione a Palazzo Marino, dove il Consiglio comunale di Milano si è riunito oggi in un clima segnato dall’inchiesta sulla gestione urbanistica che coinvolge il sindaco Giuseppe Sala. A pochi giorni dalla notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati, il primo cittadino è intervenuto in aula per difendere la sua posizione e denunciare pubblicamente il comportamento del consigliere Andrea Marcora.
Sala ha aperto il suo discorso puntando il dito contro il fotomontaggio diffuso da Marcora sui social, che lo ritraeva in versione “galeotto”. Un’immagine satirica, poi rimossa, che ha scatenato reazioni indignate all’interno della maggioranza e che lo stesso sindaco ha voluto affrontare di petto nel suo intervento istituzionale.
«Ho segnalato il post al presidente del Consiglio e al presidente del Senato», ha dichiarato Sala in aula. «Se la forza politica a cui lui ha aderito gli farà fare carriera, significherà che condivide quel comportamento. Altrimenti, sarà il segno che almeno un po’ di rispetto istituzionale è rimasto». Un attacco diretto a Fratelli d’Italia, partito in cui Marcora milita oggi, dopo una serie di cambi di casacca politici.
Sala è arrivato in aula poco dopo le 16:30, accolto da un clima visibilmente teso. Al suo fianco, gli assessori e la presidente dell’aula Elena Buscemi, ma gli occhi erano puntati soprattutto su Giancarlo Tancredi, assessore alla Rigenerazione urbana per cui la Procura ha chiesto gli arresti domiciliari. Al momento, Tancredi non è intervenuto, ma il suo arrivo è stato segnato da una serie di abbracci e strette di mano con i colleghi: le dimissioni sono attese nelle prossime ore.
Non si è fatta attendere la replica di Marcora, che ha ribattuto duramente alle parole del sindaco: «Deve rispondere alle nostre domande, non ai post. Lei è un piccolo sindaco». Il consigliere ha difeso il suo gesto parlando di “satira politica” e ha ricordato il proprio percorso: eletto inizialmente nella lista civica di Sala, è poi passato a Fratelli d’Italia.

Mentre in aula si consumava lo scontro verbale, fuori da Palazzo Marino montava la protesta. In piazza Scala, una trentina di manifestanti ha srotolato striscioni contro la giunta: “Dimissioni giunta Sala. L’unica salvezza per Milano è la città pubblica”, si leggeva su uno di essi. E ancora: “No ai bulli del mattone”. In piazza, anche membri di Potere al Popolo, Cambiare Rotta e Rifondazione Comunista.
Nel frattempo, il Partito Democratico ha confermato la fiducia nel sindaco ma ha chiesto un chiaro «cambio di passo» nella gestione urbanistica della città. Una richiesta che si intreccia con le difficoltà politiche e giudiziarie degli ultimi giorni, e che potrebbe tradursi in una nuova fase amministrativa dopo l’estate.

Tra i dossier più caldi c’è quello della vendita dello stadio di San Siro e delle aree annesse, su cui Sala continua a insistere per una rapida chiusura. Ma la pressione politica e le inchieste in corso rischiano di far slittare tutto a settembre, mentre le opposizioni chiedono massima trasparenza su ogni passaggio.
Nel suo intervento conclusivo, Sala ha ribadito di voler resistere alle pressioni: «Io non mi faccio destabilizzare, nella vita ho affrontato cose cento volte peggiori». Parole che suonano come una sfida aperta, in un momento in cui la tenuta dell’intera giunta è più che mai in bilico.