
Un bambino di tre mesi ha ricevuto una seconda possibilità di vita grazie a un intervento mai eseguito prima: il trapianto di un cuore rianimato fuori dal corpo del donatore. L’unicità del caso non è solo tecnica ma profondamente umana, perché dimostra che anche ciò che sembrava irrimediabilmente perduto può tornare a battere, dando vita a chi l’attende con urgenza. È la storia di una sopravvivenza resa possibile da una combinazione di coraggio clinico, avanzamento scientifico e generosità assoluta.
Il cuore, una volta fermo, è stato riportato alla funzionalità e poi trapiantato con successo, segnando una pietra miliare nella cardiochirurgia pediatrica. Salvare una vita così fragile con un organo che aveva smesso di battere è qualcosa che fino a oggi non era mai accaduto. Dietro questo successo c’è la speranza concreta che simili procedure possano diventare la nuova frontiera per tanti altri piccoli in attesa di un trapianto.
Il primo caso al mondo

L’intervento è stato eseguito negli Stati Uniti, alla Duke University di Durham, nello stato della Carolina del Nord, da un’équipe guidata dal professor Joseph Turek, primario di chirurgia cardiaca pediatrica. Il neonato, affetto da una grave patologia cardiaca, ha ricevuto il cuore di un altro piccolo di un mese, deceduto per arresto cardiaco e dichiarato clinicamente morto dopo cinque minuti di osservazione, come previsto dal protocollo americano per le donazioni a cuore fermo.
Un cuore che riprende a battere

Il cuore, prelevato dopo la morte cardiocircolatoria, è stato collegato a un sistema di ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) che ha permesso di ristabilirne temporaneamente le funzioni. In laboratorio, i medici hanno monitorato con attenzione ritmo, contrattilità e vitalità dell’organo, prima di procedere con il trapianto. Mai prima d’ora era stata tentata questa procedura su un cuore neonatale.
A tre mesi dall’intervento, il piccolo paziente mostra una funzione cardiaca regolare, senza segni di rigetto. Il risultato, pubblicato sul New England Journal of Medicine, viene considerato una svolta epocale: ora anche i cuori neonatali provenienti da donazioni a cuore fermo potranno essere presi in considerazione, aumentando il numero degli organi disponibili per i trapianti pediatrici.
Un metodo che può cambiare il futuro della medicina infantile
“Questa tecnica è nata dalla necessità di dare una chance ai più piccoli”, ha spiegato il professor Turek. La possibilità di rianimare un cuore fuori dal corpo e verificarne la piena funzionalità prima dell’impianto rappresenta una nuova via, sicura ed efficace, per trattare i casi più gravi.
Secondo l’équipe della Duke University, la rianimazione extracorporea su tavolo operatorio potrebbe rivoluzionare il mondo dei trapianti pediatrici. “È un passo che ci permette di trasformare la perdita in vita”, ha concluso Turek, “e dare una risposta concreta a tante famiglie che oggi aspettano una speranza per i loro figli”.