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“Calci e pugni, come un animale”. Dj italiano morto, la spaventosa testimonianza

Pubblicato: 23/07/2025 08:12

«Ho perso un fratello». Inizia così la drammatica testimonianza di Raffaele, amico di lunga data di Michele Noschese, il deejay napoletano morto a Ibiza dopo un intervento della Guardia Civil. Una vicenda ancora tutta da chiarire, ma che si arricchisce ora delle parole di chi sostiene di aver assistito in prima persona agli ultimi momenti di vita di Michele, in quella casa situata lungo Carrer del Lausanne, sulle alture dell’isola.

Il racconto arriva nel corso di una telefonata serale, verso le 21:30. Dall’altro capo del filo, Raffaele, 35 anni, commerciante da tempo residente a Ibiza, proprietario di un negozio. «Sì, sono uno dei suoi amici più cari – dice – Se chiamo solo adesso è perché stavo lavorando». Poi inizia a parlare di quanto ha visto, e che, almeno per ora, rappresenta l’unica testimonianza diretta sugli attimi che hanno preceduto la morte di Michele.

Secondo la sua versione, Raffaele sarebbe arrivato all’appartamento di Michele intorno all’una di notte, per poi addormentarsi fino al mattino presto. «Verso le 6 o le 7 mi sono svegliato, c’era solo una ragazza che si stava preparando per uscire. Michele mi ha chiesto di andare a comprare cibo per i gatti. Sembrava agitato, ma l’ho assecondato». Mentre si trovava in piscina, affollata già a quell’ora, ha notato movimenti strani: «Qualcuno aveva chiamato la polizia per le urla. Ho visto anche una ragazza scappare».

Rientrato in casa, Raffaele si accorge che Michele non c’era più. Era in casa di un anziano vicino, con cui stava discutendo. «Non so se avessero litigato, non posso dirlo – afferma – ma quell’uomo ha detto di no ed è disponibile a testimoniare». Poi arrivano gli attimi più concitati: l’arrivo di sicurezza privata e Guardia Civil. «Erano in cinque. Michele ha ricevuto dei colpi in faccia e sulla schiena, poi è stato ammanettato a mani e piedi. Sembrava un animale. Una scena che non dimenticherò mai».

Alla domanda se Michele avesse con sé un coltello, Raffaele risponde in modo netto: «Io non l’ho visto». Una dichiarazione che potrebbe rivelarsi cruciale, visto che nei primi resoconti ufficiali si parlava di un’arma e di un presunto comportamento aggressivo del deejay. «Io cercavo di aiutare il vecchietto, spaventato. Gli agenti mi hanno notato e urlato: “Che fai qui? Fuori!”». Poi l’epilogo: «Ho visto Michele ansimare, ho visto il suo ultimo respiro. Era steso sul letto, ancora ammanettato».

Nel frattempo era arrivata l’ambulanza, ma non è servito a nulla. «I medici hanno provato a rianimarlo per quindici minuti, urlavano “lo rianimiamo!”, ma non ci sono riusciti». Le condizioni di Michele erano già compromesse. E la scena, racconta Raffaele, è stata «choccante». Ora dice di essere pronto a testimoniare in aula: «Lo ripeto, ho perso un fratello. E dirò tutto quello che ho visto».

Resta da chiarire cosa sia accaduto realmente in quell’appartamento nelle ore precedenti. La famiglia di Michele attende con ansia risposte dalla magistratura spagnola, mentre l’episodio accende un faro sulle modalità di intervento delle forze dell’ordine locali. Il caso, intanto, sta scuotendo la comunità italiana a Ibiza, dove Michele era ben noto nel giro della musica e dei locali notturni.

Le autorità spagnole hanno avviato un’indagine interna, ma il caso potrebbe avere anche ripercussioni internazionali. La morte di Michele Noschese, 35 anni, è un dramma umano, ma anche una vicenda che rischia di sollevare interrogativi pesanti sulla gestione di situazioni delicate da parte delle forze dell’ordine. La verità, ora, passa anche dalla voce di chi dice: «Io c’ero. E non dimenticherò mai».

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