
Un nuovo elemento scuote il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto del 2007. Durante l’incidente probatorio in corso a Pavia, è emersa la presenza di un Dna maschile ignoto nella bocca della vittima. Un dato che, secondo la difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva per quel delitto, potrebbe riaprire scenari finora inesplorati.
A commentare la novità è stata Giada Bocellari, avvocata di Stasi: “Abbiamo un Dna completo, leggibile, sia nucleare che Y. Non appartiene né ad Alberto né ad Andrea Sempio. Chi parla subito di contaminazione, senza certezza, sbaglia: oggi abbiamo un profilo maschile ignoto e dobbiamo capirne l’origine. Se fosse davvero una contaminazione, dovremmo dimostrare chi è il contaminante”, ha dichiarato ai giornalisti fuori dal tribunale.
Il riferimento è alle analisi condotte dalla genetista Denise Albani, nominata dal gip Daniela Garlaschelli, che ha riscontrato su alcuni tamponi orofaringei la presenza di due cromosomi Y. Uno è stato attribuito a Ernesto Gabriele Ferrari, assistente del medico legale Dario Ballardini che eseguì l’autopsia nel 2007. L’altro, invece, non ha ancora un’identità: “Ignoto 3”, così è stato ribattezzato.

Sebbene molti consulenti di parte ritengano che quel Dna sia frutto di una contaminazione postuma, avvenuta durante le fasi dell’autopsia, la difesa di Stasi invita alla prudenza. “Se accettiamo che tutto è contaminato, allora anche il Dna trovato sui pedali della bici, usato come prova a carico di Stasi, potrebbe esserlo stato. Dobbiamo essere oggettivi e non normalizzare l’ipotesi della contaminazione”, ha aggiunto Bocellari.
Il caso è stato riaperto dopo quasi 18 anni grazie alla richiesta della famiglia Poggi e a nuove indagini condotte dalla Procura di Pavia. Attualmente, l’unico indagato per concorso in omicidio è Andrea Sempio, amico della vittima e già in passato finito sotto i riflettori. Il suo Dna, tuttavia, non è compatibile con quello appena rinvenuto.
Le nuove analisi sono state disposte nell’ambito di un incidente probatorio, quindi con valore legale rafforzato, e hanno riguardato cinque tamponi prelevati dalla cavità orale della vittima. In tre di essi non è emerso nulla di rilevante, ma negli altri due è stato isolato un profilo genetico estraneo.

Intanto, le indagini proseguono anche su altri fronti: si stanno effettuando ulteriori accertamenti sulla spazzatura prelevata nell’abitazione dei Poggi e restano esclusi dall’incidente probatorio altri elementi, come l’impronta 33, di cui si è parlato nelle scorse settimane.
L’obiettivo ora è escludere in maniera definitiva che si tratti di contaminazione. Per farlo, sarà necessario “andare a prendere l’impossibile”, come ha detto ironicamente Bocellari, sottolineando che solo una verifica completa potrà chiarire se “Ignoto 3” possa riaprire davvero uno dei casi più controversi della cronaca nera italiana.
Alberto Stasi si trova attualmente in carcere, condannato a 16 anni in via definitiva nel 2015. Ma la presenza di un Dna sconosciuto potrebbe rappresentare, secondo la sua difesa, un punto di svolta che impone ulteriori verifiche prima di poter considerare il caso definitivamente chiuso.