
Un ordine del giorno che sembrava tecnico, ma che in realtà celava un tentativo di riallineare (verso l’alto) gli stipendi di deputati e senatori. È quanto è emerso giovedì mattina a Montecitorio, durante la discussione sul bilancio interno della Camera. Il punto 6/77, firmato dal vicepresidente Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), proponeva di «intensificare il confronto» con il Senato per «superare eccessive differenziazioni» nei trattamenti economici. In sostanza, l’obiettivo era quello di equiparare le indennità tra i due rami del Parlamento. Ma la denuncia del Movimento 5 Stelle ha bloccato tutto: FdI ha ritirato l’odg.
Il capogruppo del M5S alla Camera, Riccardo Ricciardi, ha subito smascherato quella che ha definito “l’ennesima manovra del centrodestra per aumentarsi lo stipendio senza darlo troppo a vedere”. Ricciardi ha anche annunciato una contromossa simbolica: presentare un ordine del giorno gemello, ma per equiparare gli stipendi verso il basso, portando quelli dei senatori al livello dei deputati. “Lo voteremmo all’istante — ha dichiarato — sarebbe la vera prova della buona fede della maggioranza, ma sappiamo bene che non lo faranno mai”.
Dello stesso tenore le parole di Chiara Appendino, vicepresidente della Camera per il M5S: “Un oltraggio ai cittadini che lottano ogni giorno con bollette, mutui e carrelli vuoti. E mentre il governo continua a usare i voli di Stato come taxi, tenta anche di regalarsi altri privilegi. Una vergogna”.
Attualmente, infatti, c’è una differenza di circa 1.000 euro al mese tra lo stipendio di un deputato e quello di un senatore. E non è tutto: i senatori, una volta concluso il mandato, mantengono 2.200 euro l’anno in rimborsi per i treni per 10 anni, un benefit non previsto alla Camera. Anche sui vitalizi, le Camere procedono in ordine sparso: Montecitorio ha confermato i tagli, mentre a Palazzo Madama il Consiglio di Garanzia ha ripristinato le vecchie indennità, cancellando le riduzioni del 2018.

Non è la prima volta che una proposta simile compare all’interno del bilancio di Montecitorio. Già nel 2023 Maurizio Lupi (Noi Moderati) aveva chiesto una uniformità di trattamento economico tra Camera e Senato, non solo per gli eletti ma anche per i gruppi parlamentari e i dipendenti. La richiesta era stata accolta con clamore e polemiche.
A quell’episodio risale anche il celebre intervento in Aula di Piero Fassino (Pd), che sventolò in diretta il proprio cedolino paga, lamentandosi che lo stipendio di un deputato fosse ben lontano dall’essere d’oro. La scena fece il giro dei social, diventando simbolo di una classe politica spesso percepita come lontana dalla realtà quotidiana dei cittadini.
Forse anche per evitare una replica di quel dibattito acceso, stavolta Rampelli ha preferito fare marcia indietro. L’ordine del giorno è stato ritirato prima ancora che si aprisse la discussione ufficiale, disinnescando così sul nascere lo scontro in Aula.
Per ora, dunque, niente aumenti per i deputati. Ma la tensione resta alta, anche perché il tema delle spese del Parlamento — tra voli di Stato, rimborsi e benefit — è uno dei più sensibili nell’opinione pubblica. E ogni tentativo di ritocco verso l’alto rischia di trasformarsi in un boomerang politico.