
Hulk Hogan è morto a 71 anni. Il leggendario wrestler statunitense, simbolo di un’intera epoca sportiva e televisiva, è deceduto nella sua casa in Florida a causa di un arresto cardiaco. A dare la notizia è stato il sito TMZ, che ha riferito anche della chiamata d’emergenza effettuata dalla moglie Sky poco dopo il collasso, avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 luglio. L’intervento dei soccorsi è stato rapido, ma inutile. Con la sua scomparsa, se ne va non solo uno degli atleti più riconoscibili della storia americana, ma anche un pezzo di cultura pop degli anni ’80 e ’90, un volto che ha segnato l’immaginario di milioni di spettatori in tutto il mondo.

Gli inizi e l’ascesa nella WWF
Il vero nome di Hulk Hogan era Terry Gene Bollea, nato l’11 agosto 1953 ad Augusta, in Georgia, ma cresciuto a Tampa, in Florida. Fin da giovane mostra una fisicità imponente e un carisma fuori dal comune, che lo portano prima al body building e poi al mondo del wrestling professionistico. Il debutto sul ring arriva nel 1977, ma è solo nel 1983, con l’ingresso nella WWF (oggi WWE), che Terry Bollea diventa definitivamente Hulk Hogan, incarnazione vivente del sogno americano: muscoli, patriottismo e una forza inarrestabile che lo rende immediatamente un’icona.
Il personaggio di Hogan esplode grazie alla sua capacità di raccontare la forza attraverso la spettacolarità. Capelli biondi, bandana, baffoni, fisico scolpito e una voce roca: bastano pochi tratti per renderlo riconoscibile ovunque. Ma è il suo stile sul ring, teatrale ed emotivo, a conquistare il pubblico. Ogni match è una narrazione epica: l’eroe buono contro il cattivo, la giustizia contro il sopruso. A renderlo immortale è un gesto semplice e cinematografico: quel momento in cui, colpito a ripetizione, Hogan si rialza, scuote la testa, solleva l’indice e torna all’attacco mentre il pubblico impazzisce. Nasce così la “Hulkamania”, un culto collettivo che travalica i confini del wrestling e che trasforma Hogan in un fenomeno mondiale.
WrestleMania, titoli e l’era dell’Hulkamania
Negli anni ’80 diventa il volto assoluto della WWF, vincendo il titolo mondiale per cinque volte e partecipando a eventi entrati nella storia, come WrestleMania III, nel 1987, quando solleva l’enorme André the Giant davanti a oltre novantamila spettatori. Quel gesto, semplice nella forma ma rivoluzionario nel simbolismo, diventa uno dei momenti più famosi della storia dello sport-spettacolo. Hogan non è solo un lottatore: è un eroe, un simbolo, un brand vivente. Partecipa a film, talk show, spot pubblicitari, e incarna per anni un’idea di mascolinità granitica, virile e sempre vincente. Anche chi non seguiva il wrestling sapeva chi fosse Hulk Hogan.
La svolta alla WCW: da buono a cattivo

La sua carriera, però, non si esaurisce negli anni d’oro della WWF. Nel 1994 Hogan passa alla WCW, rivale storica della federazione di Vince McMahon, e lì compie una mossa spiazzante: abbandona i panni del buono per trasformarsi nel “cattivo” Hollywood Hogan, fondando la stable nWo. È una svolta narrativa che rilancia la sua carriera e rinnova il personaggio, rendendolo protagonista anche negli anni della cosiddetta “Monday Night War”. Un’altra fase, un altro pubblico, ma lo stesso successo. Hogan diventa sei volte campione del mondo WCW, confermandosi come uno dei pochi lottatori capaci di dominare in due epoche così distanti tra loro.
Tra scandali, reality e ritorni sul ring
Negli anni Duemila torna sporadicamente in WWE, riceve applausi e fischi, si dedica alla televisione con il reality “Hogan Knows Best”, ma inizia anche un periodo tormentato della sua vita. I problemi di salute si fanno sempre più pesanti: tra interventi chirurgici alla schiena, al collo, alle ginocchia e alle spalle, Hogan finisce per subire più di venticinque operazioni nel corso degli ultimi dieci anni. Nel 2024 e 2025, secondo quanto riportato dai media americani, aveva affrontato una complessa fusione cervicale, l’ennesima battaglia contro un corpo che negli anni si era fatto carico di troppe cadute. Ma nonostante tutto, Hogan continuava ad apparire in pubblico, a partecipare a eventi, a firmare autografi. “Il cuore è forte”, aveva detto sua moglie a TMZ, “ma ogni volta che si alza dalla sedia è un’impresa”.
Hogan non è stato solo un campione, è stato un personaggio. Un uomo che ha saputo reinventarsi, che ha vissuto la fama, la gloria, il declino e la risalita. Ha vissuto scandali, come il caso del sex tape pubblicato da Gawker che portò a un clamoroso processo e a un risarcimento milionario. È stato espulso e poi riammesso nella Hall of Fame della WWE. Ha attraversato il wrestling, la tv, il gossip, la politica. Sempre sotto i riflettori, sempre dentro la narrazione americana, sempre larger than life.
L’eredità di un’icona culturale

Oggi, la sua morte lascia un vuoto che va oltre il ring. Hulk Hogan era l’archetipo dell’eroe da palcoscenico, quello che cade e si rialza, che combatte fino all’ultimo, che non muore mai davvero. E infatti, anche ora che se ne è andato, resta la sua ombra scolpita in un’epoca. Resta il ricordo di quel bicipite sollevato, della voce roca che gridava “Whatcha gonna do when Hulkamania runs wild on you?”. Resta la leggenda.
Riposa in pace, Hulk. E grazie per lo spettacolo.