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“Se è così, allora Stasi deve uscire”. Garlasco, il caso si infiamma: cosa succede

Pubblicato: 24/07/2025 14:46

Si è alzato il livello dello scontro nella terza udienza dell’incidente probatorio sul caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. Un procedimento delicato, che ruota attorno alla possibile presenza di un Dna sconosciuto su una garza usata durante l’autopsia. Il cosiddetto “ignoto 3” rappresenta oggi uno degli elementi su cui si gioca l’ipotesi di una svolta nel caso che ha già portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi.

Nei giorni precedenti all’udienza, entrambe le parti – sia i consulenti della famiglia Poggi che quelli della difesa di Andrea Sempio, l’unico indagato nell’indagine riaperta – hanno sollevato dubbi circa la possibile contaminazione dei reperti. In particolare, sotto osservazione è finita la garza impiegata per tamponare la bocca di Chiara durante l’autopsia: proprio lì sarebbe stato isolato un Dna sconosciuto e potenzialmente rilevante. Al momento, non risulta alcuna contaminazione recente, ma ulteriori accertamenti saranno condotti al rientro del perito nominato dal gip.

A infiammare il confronto in aula è stata la posizione della difesa di Alberto Stasi, rappresentata dagli avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis. “Non si può banalizzare parlando di contaminazioni generalizzate”, ha detto Bocellari uscendo dal tribunale mercoledì 23. “Se i reperti erano inaffidabili, allora l’intero impianto accusatorio va rivisto: Alberto è in carcere sulla base di quelle stesse prove scientifiche”. La difesa punta quindi a un’eventuale revisione della sentenza, qualora fosse confermato che le tracce usate per condannare Stasi erano compromesse.

La garza con il Dna “ignoto 3” è oggi al centro dell’indagine, per la possibilità che abbia conservato per quasi 18 anni il materiale genetico di una persona presente sulla scena del delitto. Un’eventualità considerata rilevante dalla difesa di Stasi, perché la presenza di un Dna completo e attribuibile aprirebbe alla possibilità concreta di un altro autore, o quantomeno di una persona che ha avuto un contatto diretto con Chiara, poco prima o subito dopo la morte.

L’attività investigativa proseguirà anche sul piano dattiloscopico, con nuove analisi previste per settembre. Le impronte digitali non saranno cercate solo sui sacchetti della spazzatura – come previsto inizialmente – ma anche su altri oggetti repertati, come fascette para-adesive e fogli di acetato. Lo scopo è confrontare questi elementi con le impronte di chi frequentava la casa dei Poggi negli anni precedenti e successivi al delitto, alla ricerca di tracce residue che possano fornire indizi nuovi.

Il clima tra le parti resta teso, non solo per la posta in gioco – che include una possibile revisione di una condanna definitiva – ma anche per la delicatezza dell’eventuale attribuzione del Dna a soggetti ancora in vita. L’avvocato Bocellari ha sottolineato che “se si parlerà di contaminazione, si dovrà dire da parte di chi”, ribadendo che non è accettabile liquidare un profilo genetico significativo come un semplice errore tecnico o di conservazione.

Il profilo genetico estratto dalla garza, secondo quanto emerso in udienza, sarebbe “quasi completo” e dunque scientificamente compatibile con una potenziale attribuzione certa. Questo complica ulteriormente la questione: un Dna “robusto” ha, per definizione, maggiore probabilità di appartenere a qualcuno che ha avuto contatto fisico diretto con la vittima, un dato che – se confermato – potrebbe pesare sull’impianto accusatorio passato.

Alcuni elementi, però, non potranno più essere esaminati in modo diretto. È il caso dell’”impronta 33″, che non è stata ammessa tra i reperti dell’incidente probatorio perché il materiale originario non esiste più. Le uniche analisi possibili restano quelle effettuabili su una fotografia dell’elemento, rendendo la prova scarsamente ripetibile e dunque poco solida ai fini giudiziari.

Resta ora da attendere l’esito delle nuove analisi, ma soprattutto la valutazione sulla natura del Dna rilevato. Se sarà confermata la genuinità del reperto, si aprirà una nuova e forse definitiva fase dell’indagine. Un passaggio che potrebbe ridisegnare i contorni del caso Garlasco, uno dei più controversi e dibattuti della cronaca giudiziaria italiana.

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