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Erika Ferini Strambi, mistero senza fine: l’autopsia non chiarisce la causa della morte

Pubblicato: 25/07/2025 16:19

Il caso di Erika Ferini Strambi continua a scuotere l’opinione pubblica e a sollevare inquietanti interrogativi. La sua scomparsa, avvolta da elementi inspiegabili, ha lasciato sgomenta un’intera comunità che, per oltre dieci giorni, ha sperato in un epilogo diverso. Ritrovata senza vita in mezzo a un campo dell’hinterland milanese, Erika resta oggi il volto di un enigma che che sembra irrisolvibile.

A rendere più complessa la vicenda è il profilo della donna: 53 anni, disabile motoria, viveva sola in un appartamento di Milano, nella zona di piazzale Cuoco. Una persona conosciuta, con una rete di affetti, non certo incline ad azioni impulsive o rischiose. Eppure, nella notte tra il 5 e il 6 luglio, qualcosa è successo. Un evento oscuro, forse un incontro, forse un malore, forse qualcosa di peggio. Ma al momento, nessuna certezza.

Cosa dice l’autopsia

L’autopsia sul corpo di Erika Ferini Strambi, eseguita nelle ultime ore, non ha chiarito le cause della morte. L’esame non ha evidenziato segni di violenza compatibili con armi da taglio o da fuoco. Solo alcune fratture alle costole, ritenute compatibili con una possibile caduta o un incidente. Nemmeno il cranio presenta lesioni: un elemento che esclude traumi violenti alla testa. Ma il corpo, in avanzato stato di decomposizione, offre pochi indizi certi.

Le indagini, affidate ai carabinieri del nucleo operativo del comando provinciale di Milano e coordinate dal pm Francesco De Tommasi, proseguono con l’ipotesi di omicidio. Nessuna pista è esclusa: dal gesto volontario all’aggressione, passando per un possibile incontro finito nel peggiore dei modi. I nuovi accertamenti medico-legali saranno decisivi per stabilire se si sia trattato di un crimine o di una tragedia personale.

Il corpo ritrovato undici giorni dopo la scomparsa

Erika era scomparsa il 6 luglio, dopo aver trascorso la serata in una pizzeria-karaoke a Segrate. Aveva rifiutato un passaggio a casa, scegliendo di guidare da sola la sua Mini Cooper Countryman, dotata di comandi adattati per la guida. Il veicolo è stato ritrovato vicino a un fosso, ma il corpo è stato rinvenuto a circa duecento metri di distanza, nei campi tra Pantigliate e Peschiera Borromeo (provincia di Milano).

Accanto al cadavere, le stampelle, una scarpa, e gli slip sfilati. Mancavano però oggetti fondamentali: la borsa e il telefono cellulare. Nessuna richiesta di aiuto risulta partita dal dispositivo, che ha generato solo traffico dati prima di spegnersi all’alba. Un dettaglio che inquieta e apre la strada all’ipotesi di un incontro con qualcuno.

I dubbi sul tragitto e l’ultima cella agganciata

Dalle ricostruzioni emerge che Erika non stava tornando a casa. Il suo tragitto, registrato dai dispositivi conta-targhe, si dirigeva verso Pantigliate, non verso Milano. Il telefono ha agganciato una cella telefonica di quella zona, ma senza effettuare chiamate vocali. È il padre, Aldo Sergio, a lanciare l’allarme quando la figlia non risponde: la denuncia ufficiale arriva il 7 luglio, ma solo il 16 il corpo viene ritrovato da un agricoltore.

Le condizioni del cadavere, già compromesse dalla decomposizione, non hanno permesso una valutazione immediata sulle cause del decesso. Il medico legale ha preferito rimandare il verdetto agli esami approfonditi, ma anche l’autopsia ufficiale ha restituito più dubbi che certezze.

Indagini aperte, tutti gli scenari ancora possibili

Gli inquirenti non escludono alcuna pista: si è parlato inizialmente di un possibile suicidio o di un allontanamento volontario, ma alcuni elementi – come gli oggetti mancanti e la dinamica anomala del ritrovamento – lasciano pensare che Erika possa essersi trovata in compagnia o in difficoltà.

Mentre si attendono gli esiti degli ulteriori accertamenti medico-legali, la famiglia e gli amici chiedono verità e giustizia. Resta ancora da chiarire cosa sia accaduto in quelle ore e se Erika sia stata vittima di qualcuno, o di una tragica concatenazione di eventi. Un caso ancora aperto, che continua a far parlare.

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