
MILANO – Dodici ore di interrogatori e un fronte che si allarga. La Procura di Milano è convinta: le misure cautelari chieste nei giorni scorsi per sei indagati sono “necessarie” e vanno concesse. Per i pubblici ministeri non si tratta solo di ipotesi, ma di un sistema in piena attività che va fermato. Al centro: speculazioni edilizie, pressioni sugli uffici urbanistici, conflitti d’interesse e una rete che – secondo l’accusa – permetteva ai grandi costruttori di aggirare le regole della città.
Ora si entra nella fase più delicata. Le indagini ripartono dai cellulari sequestrati, tra cui quelli di Giancarlo Tancredi, ex assessore all’Urbanistica, e del costruttore Manfredi Catella. Al vaglio anche computer, appunti e scambi di mail. Gli inquirenti non parlano più di “teoremi”, ma di fatti concreti, e la richiesta di arresti – ribadita mercoledì – è parte di una strategia che punta in alto.
Pressioni sui dirigenti comunali e clima ostile
In quelle carte si comincia a delineare la rete di pressioni e rapporti ambigui. Il direttore dell’Urbanistica Marino Bottini racconta agli investigatori un episodio emblematico: “Un avvocato dei costruttori mi ha scritto per sollecitare un incontro e pochi giorni dopo mi ha citato personalmente al Tar, insieme ad altri funzionari, per una pratica edilizia negata”. Per difendersi, Bottini ha dovuto attivare l’assicurazione personale.
Non è un caso isolato. Secondo quanto riferisce il dirigente della Rigenerazione urbana Guido Riganti, sono almeno sei i ricorsi presentati contro funzionari comunali che avevano espresso parere negativo su progetti contestati. In parallelo, anche un’azione diretta contro il Comune. Un clima definito dagli inquirenti come “pesante e condizionante”.
Il “piano segreto” in nove punti
Tra le figure centrali, anche Giuseppe Marinoni, ex presidente della commissione Paesaggio, oggi tra i principali indagati. Sarebbe stato lui a portare all’assessore Tancredi un “piano” riservato di interventi in nove aree strategiche della città. Una proposta che secondo i pm avrebbe avuto l’appoggio del Comune, e finalità speculative. Ma Bottini ricorda che quelle proposte “mi sembravano improbabili”, lasciando intendere che non tutti erano allineati.
L’inchiesta cerca di capire chi sapeva cosa, e quali fossero i veri equilibri tra politica e grandi gruppi immobiliari. Il sospetto degli investigatori è che ci fosse un meccanismo parallelo in grado di influenzare iter e approvazioni, con commissari tecnici legati direttamente a chi presentava i progetti.
Il giallo sulla firma sbagliata e le incompatibilità
Spunta infine un giallo giuridico. L’architetto Alessandro Scandurra, ex componente della commissione Paesaggio, è indagato per falso e corruzione. Ma il suo avvocato, Giacomo Lunghini, punta su un errore formale: nel 2022, i commissari firmarono una dichiarazione sull’assenza di conflitti d’interesse che però – secondo la difesa – non rispettava pienamente la norma vigente, più rigida di quanto riportato nel modulo. Un errore “in buona fede”, secondo Lunghini.
Anche una funzionaria comunale conferma ai pm che si trattò di “un mero errore materiale”. Ma la Guardia di Finanza lo segnala come elemento rilevante per l’indagine. Perché se il modulo era incompleto, è possibile che progetti firmati da Scandurra siano stati votati senza rispettare le regole sulle incompatibilità.
Attesa per la decisione del gip
Ora tutto è nelle mani del giudice per le indagini preliminari, che dovrà decidere se accogliere le richieste di custodia cautelare presentate dai pm. Il verdetto è atteso nei prossimi giorni. Intanto, l’indagine si allarga. E a Milano, tra politici, architetti e costruttori, la tensione è altissima.