
Il nuovo Pontefice Leone XIV, nato a Chicago e insediato da appena due mesi, ha ricevuto in Vaticano il metropolita Antonij di Volokolamsk, capo delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Si è trattato del primo incontro di alto livello tra la Santa Sede e un esponente dell’establishment russo da quando è iniziata la guerra in Ucraina, e rappresenta un segnale politico chiaro: Roma vuole restare nel gioco diplomatico, senza cedere all’idea di un dialogo impossibile.
Il colloquio ha toccato “numerose questioni riguardanti lo stato del dialogo tra ortodossi e cattolici, nonché i conflitti in atto nel mondo, compresi quelli in Ucraina e Medio Oriente”, come ha fatto sapere il Patriarcato russo. In particolare, Antonij avrebbe parlato al Papa della “persecuzione a cui è oggi sottoposta la Chiesa ortodossa ucraina”, un tema che il Vaticano segue da vicino e con non poca preoccupazione.
Il realismo di Leone XIV: “Non mediatore, ma facilitatore”
Che il Vaticano possa giocare un ruolo centrale nel processo di pace è un’ipotesi difficile, in ogni caso. Lo ha ribadito chiaramente Ivan Soltanovsky, ambasciatore russo presso la Santa Sede: “Non vediamo la Santa Sede in un ruolo di mediatore politico, ma la consideriamo un facilitatore: con la sua azione favorisce il dialogo tra Mosca e Kiev contribuendo a creare un clima più sereno”.
La dichiarazione fotografa con precisione il margine d’azione che Leone XIV e i suoi collaboratori stanno cercando di costruirsi: senza illusioni, ma anche senza rinunciare a niente.
I due assi della strategia vaticana
Il Pontefice non si è tirato indietro neanche di fronte alla telefonata di Vladimir Putin, che lo ha contattato a inizio giugno per “sondare” il suo profilo politico. Leone ha chiesto “un gesto che favorisca la pace”, ma dal Cremlino non è arrivata risposta.

La strategia vaticana, in ogni caso, si sviluppa su due assi: il primo è umanitario, attraverso lo scambio di prigionieri e il rimpatrio dei bambini ucraini, iniziative portate avanti dal cardinale Zuppi e dai nunzi a Kiev e Mosca. Il secondo è ecumenico, nel tentativo di consolidare un dialogo con la Chiesa ortodossa russa pur senza accettarne le derive ideologiche.
Roma e Mosca, una convergenza parziale sui “valori tradizionali”
Leone XIV sa bene che le distanze sono forti. Non solo la Santa Sede non ha mai giustificato l’aggressione russa all’Ucraina, ma guarda con allarme alla narrazione spirituale del conflitto sostenuta dal Patriarca Kirill. Tuttavia, il Papa ha voluto ringraziarlo tramite Putin per gli auguri di inizio pontificato, sottolineando “come i comuni valori cristiani possano essere una luce che aiuti a cercare la pace”.
Il punto d’intesa, fragile ma concreto, è proprio quello: la difesa della libertà religiosa e il sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina legata a Mosca, oggi presa di mira da Kiev (al Patriarca Onufrij è stata appena revocata la cittadinanza). Una posizione che consente a Leone di mantenere un canale aperto con la Russia, pur senza rinunciare alla vicinanza alle ragioni ucraine.
L’interlocutore del Papa
Il metropolita Antonij – erede di Hilarion, allontanato per aver dubitato della guerra – non è Kirill, ma ne è il più autorevole portavoce. Ha partecipato ai funerali di Francesco, mantiene rapporti diretti con il Vaticano e ora ha conosciuto Leone. Il terreno è accidentato, i tempi lunghi, ma la diplomazia vaticana non molla. Perché la pace, quando arriverà, passerà anche da chi ha saputo restare nel mezzo.