
È stato un pomeriggio di tensione e disordini quello di ieri in Val di Susa, dove la manifestazione del movimento No Tav contro la realizzazione della linea ad Alta Velocità Torino-Lione ha portato a episodi di violenza in più punti della valle. La protesta, partita da Venaus in concomitanza con il festival Alta Felicità, ha radunato migliaia di persone. Ma il corteo, inizialmente pacifico, si è presto frammentato in tre tronconi, dando origine a azioni coordinate contro i cantieri e le forze dell’ordine.
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A San Didero, un gruppo di attivisti ha appiccato il fuoco a materiali di fortuna, utilizzati per bloccare l’autostrada A22 Torino-Bardonecchia. Altri manifestanti si sono diretti verso il cantiere del tunnel di base a Chiomonte, dove hanno lanciato pietre e bombe carta contro i presidi delle forze dell’ordine. A Traduerivi, dove si trova l’area di deposito del materiale di scavo, è stato incendiato un container.
Le motivazioni del movimento No Tav
Gli attivisti del movimento No Tav, da oltre vent’anni impegnati nella lotta contro la Torino-Lione, hanno rivendicato le azioni come una difesa del territorio contro quella che definiscono una grande opera inutile. Secondo il comunicato diffuso a margine della manifestazione, i cantieri sono descritti come “fortini militarizzati”, simbolo di interessi speculativi estranei alla popolazione locale.
«Le azioni messe in campo oggi in tutta la valle dimostrano che esiste un’opposizione irriducibile», si legge nella nota. Per il movimento, la protesta rappresenta «un atto d’amore verso la montagna e la salute di chi la abita ogni giorno». La contrarietà alla nuova linea ferroviaria si fonda su motivazioni ambientali, economiche e sociali. I No Tav denunciano l’impatto devastante sull’ecosistema della Val di Susa, la distruzione della biodiversità, i rischi per la salute pubblica e lo spreco di denaro pubblico, in un contesto in cui – sostengono – la tratta attuale è già sottoutilizzata.
La battaglia contro la Tav è divenuta nel tempo anche simbolo di una critica più ampia a un modello di sviluppo insostenibile, percepito come lontano dai reali bisogni delle comunità e orientato esclusivamente al profitto industriale e politico.

La condanna del governo: “Guerriglia urbana”
La reazione del governo è stata immediata e ferma. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso «solidarietà e vicinanza alle forze dell’ordine», condannando gli atti come «vergognosi e inaccettabili». Sulla stessa linea il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha parlato di «guerriglia urbana» e di «estremismo ideologico da punire con fermezza». Secondo Piantedosi, gli episodi violenti sarebbero stati pianificati e mascherati da iniziative culturali, come il festival Alta Felicità.
Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha anch’egli espresso il proprio appoggio alle forze dell’ordine, definendo i manifestanti responsabili degli scontri come «malviventi da assicurare alla giustizia». Salvini è atteso a Bardonecchia nei prossimi giorni per l’inaugurazione della seconda canna del Frejus, evento che potrebbe rappresentare un ulteriore momento di tensione sul territorio.
È vergognoso quanto accaduto oggi in Val di Susa. Gruppi organizzati di No Tav hanno occupato l’autostrada Torino-Bardonecchia, dato l’assalto ai cantieri, lanciato pietre e fumogeni contro le Forze dell’Ordine. Atti di guerriglia urbana indegni di una Nazione civile, che non…
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) July 26, 2025
Una frattura che si riapre
La giornata di ieri ha riaperto con forza una frattura mai del tutto sopita. Da un lato, un movimento territoriale che rivendica il diritto di difendere il proprio ambiente e di opporsi a un’infrastruttura ritenuta inutile e dannosa. Dall’altro, un esecutivo determinato a proseguire con i lavori, nel segno dello sviluppo e della modernizzazione infrastrutturale.
La protesta No Tav resta, per molti, una delle più longeve e simboliche mobilitazioni ambientali d’Europa, ma i metodi utilizzati ieri in Val di Susa rischiano di radicalizzare ulteriormente il conflitto, spostando l’attenzione dalla battaglia politica ai fatti di cronaca giudiziaria. Il bilancio della giornata, tra blocchi stradali, incendi e lancio di ordigni artigianali, segna un punto critico nella gestione della contestazione, e impone una riflessione sull’equilibrio tra diritto alla protesta e tutela dell’ordine pubblico.