
C’è un momento, nell’immediatezza di un sospetto, in cui il cuore rallenta e la ragione si fa spazio tra le paure. È lì che spesso si registra l’invisibile, si cerca conforto in un gesto semplice: attivare una registrazione. Perché le parole, anche se non dette a voce alta, possano sopravvivere. Perché la verità, se dovesse accadere l’irreparabile, non resti prigioniera del buio. Ci sono persone che, intuendo il pericolo, decidono di lasciare una traccia. Non per sé, ma per chi resterà.
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E c’è anche chi, dentro quel buio, agisce senza più controllo. Chi, travolto da qualcosa che forse non comprende più, oltrepassa ogni limite umano, spingendosi dove la giustizia diventa obbligo e l’analisi una necessità. Quando la tragedia si consuma tra giovani che si conoscevano, tra compagni di studio, diventa ancora più doloroso interrogarsi su cosa si sarebbe potuto fare prima. E, soprattutto, su quanto il sistema attorno a loro sia stato assente.

Le indagini sull’omicidio di Sara Campanella
È in questo contesto che si inserisce l’omicidio di Sara Campanella, studentessa dell’Università di Messina, avvenuto il 31 marzo scorso e per il quale ha confessato Stefano Argentino, 27 anni, originario di Noto. Un delitto che ha sconvolto l’intera comunità accademica e che continua ad alimentare interrogativi, mentre la macchina giudiziaria si prepara al processo, con giudizio immediato e prima udienza fissata per il 10 settembre dinanzi alla Corte d’Assise di Messina.
L’avvocato Giuseppe Cultrera, difensore del giovane reo confesso, è intervenuto in queste ore per chiarire alcuni dettagli emersi sulla stampa. “Ho letto la notizia circa alcune foto presenti sullo smartphone di Stefano Argentino che lasciassero presagire l’omicidio. Così non è: il telefono è in mio possesso e non c’è la foto di cui si parla”, ha dichiarato.
L’audio registrato dalla vittima prima dell’aggressione
Dalle estrazioni telefoniche effettuate durante l’indagine, emerge invece la presenza di più registrazioni audio, una delle quali risalente al momento stesso dell’aggressione. Secondo quanto affermato dalla difesa, la giovane Sara aveva attivato il registratore del telefono, segno che forse avvertiva il pericolo imminente. “L’audio registra la tensione fra i due e il momento dell’omicidio”, ha confermato Cultrera.
Un dettaglio agghiacciante, che suggerisce come la vittima avesse già intuito che qualcosa non andava. Una precauzione estrema, quella di avviare una registrazione, che oggi si rivela uno degli elementi chiave nelle mani degli inquirenti. Nel frattempo, continuano gli accertamenti tecnici sui contenuti dei dispositivi elettronici, compresi i dati di navigazione e altri file che potrebbero restituire un quadro più completo dello stato mentale dell’imputato nei giorni precedenti all’aggressione.
Una difesa complessa tra psiche e responsabilità
La linea difensiva appare già chiara: mettere in luce lo stato mentale di Argentino. “È una difesa articolata che ha un retroscena socio-psicologico di portata non indifferente e che necessita di tempo per essere accuratamente preparata”, ha dichiarato ancora l’avvocato Cultrera. Secondo il legale, il giovane soffriva da tempo, assumeva farmaci i cui effetti collaterali sono documentati dalla scienza medica, ed era stato vittima di bullismo e sopraffazione.
Una richiesta di perizia psichiatrica per il 27enne è stata già respinta, ma resta centrale la valutazione delle sue condizioni mentali, che – sempre secondo la difesa – avrebbero richiesto un supporto psicologico che nessuna istituzione ha mai offerto. “Siamo figli di una cultura paesana, retrograda e distratta. Che Stefano stesse male è visibile a occhio nudo da un qualsiasi profano”, ha aggiunto.

L’ombra dell’abbandono istituzionale
Un’accusa, quella rivolta alle istituzioni, che si fa forte: uno Stato assente, incapace di riconoscere segnali di disagio profondo, in grado potenzialmente di sfociare in tragedie. “Bisogna comprendere le reali circostanze, pur rimanendo le stesse non giustificabili, che hanno spinto Stefano a compiere l’ignobile gesto”, ha aggiunto Cultrera. Secondo il legale, dietro l’aggressione ci sarebbe “un’infanzia devastante, un senso di frustrazione e inappagamento”, che andrebbero compresi in sede di giudizio.

Stefano Argentino, nel frattempo, resta detenuto nel carcere di Messina, dove è stato portato subito dopo il fermo, avvenuto nella sua città d’origine, Noto, dove si era rifugiato dopo l’omicidio. I genitori del ragazzo, secondo quanto ricostruito, avrebbero saputo solo all’ultimo momento cosa era realmente accaduto nella città universitaria.
Femminicidi e il dibattito sulla giustizia
Il caso Campanella si intreccia inevitabilmente con il percorso legislativo in atto sulla legge contro il femminicidio, tema sempre più centrale nel dibattito pubblico italiano. “Ho appreso della rinuncia all’incarico da parte dell’avvocatessa e deputata Giulia Bongiorno. Vista la proposta di legge a sua firma e il marasma costituzionale che ha creato, lo ritengo un atto estremamente dovuto”, ha dichiarato Cultrera in chiusura.
Un commento che sottolinea come, anche dentro l’aula di giustizia, le leggi debbano sempre trovare un equilibrio tra il rispetto delle vittime e la tutela dei diritti della difesa. In attesa del processo, restano i dati, gli audio e i silenzi: quelli che parlano più di mille parole.