
Una dichiarazione secca, senza giri di parole, che segna un cambiamento nei toni e nella strategia diplomatica. «Non mi interessa più parlare con Putin», ha affermato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, sottolineando l’esaurimento della pazienza americana nei confronti di Mosca. Secondo il presidente, una precedente conversazione “molto franca” con il leader del Cremlino non ha portato ai risultati sperati. Al contrario, i bombardamenti in Ucraina sono continuati, rendendo per Washington sempre più difficile mantenere una linea attendista.
Con questo scenario sullo sfondo, Trump ha annunciato una stretta drastica sui tempi concessi alla Russia per trovare un’intesa sul conflitto in corso. Se inizialmente il limite era stato fissato in 50 giorni, adesso è stato ridotto a soli 10-12 giorni. Un ultimatum netto, che mostra la volontà americana di passare rapidamente dalle parole ai fatti.

Pressione diplomatica e nuove misure economiche
La nuova finestra temporale per un accordo, così ridotta, appare come un’escalation diplomatica, il preludio a misure ancora più rigide in caso di mancata cooperazione da parte del Cremlino. Trump ha infatti avvertito che, in assenza di progressi concreti, gli Stati Uniti sono pronti ad imporre dazi secondari, colpendo non solo le esportazioni russe ma anche gli attori economici internazionali che mantengono rapporti con Mosca.

Un segnale forte anche ai partner europei e asiatici, chiamati a prendere posizione in un contesto internazionale sempre più polarizzato. Il messaggio lanciato dalla Casa Bianca è chiaro: il tempo per le trattative si sta esaurendo e le conseguenze economiche saranno inevitabili se non si intravede una soluzione politica.