
Nel silenzio sospeso delle alte quote, tra le rocce maestose delle Dolomiti, anche un solo suono può trasformarsi in allarme. Un attimo prima la pace, un attimo dopo il frastuono. È proprio da qui che parte il racconto, da un momento di equilibrio improvvisamente spezzato, da un boato che ha rotto la quiete e dato forma alla paura.
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Un’esperienza diretta e inattesa, vissuta da uno dei volti più noti del panorama radiofonico italiano, Giuseppe Cruciani, storico conduttore del programma La Zanzara su Radio 24, che si trovava in montagna per un’escursione quando la natura ha deciso di manifestare tutta la sua potenza. Il conduttore ha condiviso lo spavento e la sorpresa sui suoi canali social, scatenando un’ondata di reazioni tra commenti seri, ironici e altri decisamente più sopra le righe.
Il crollo in quota e il post virale di Cruciani
“Ero lì”, ha scritto Giuseppe Cruciani, accompagnando le parole con una foto pubblicata su Instagram che lo ritrae pochi istanti dopo il distacco di roccia avvenuto sulle Dolomiti di Brenta, nella zona della Cima Falkner. Il giornalista ha raccontato di trovarsi su una ferrata quando ha percepito “un boato pazzesco”. In pochi minuti lo scatto è diventato virale, attirando migliaia di like e commenti, tra preoccupazione e ironia.

C’è chi scrive “Cruciani anche in montagna porta scompiglio”, chi parla di fortuna ad essere rimasto illeso e chi si lascia andare a esclamazioni di stupore: “Pazzesco! Per fortuna è andato tutto bene”. L’episodio, oltre ad aver coinvolto direttamente un personaggio pubblico, ha avuto il merito di riportare l’attenzione su un tema sempre più rilevante: la fragilità crescente delle montagne italiane.
L’instabilità delle Dolomiti e il ruolo del cambiamento climatico
Il crollo non è stato un caso isolato. Gli esperti lo avevano previsto e lo temevano. Da tempo le Dolomiti mostrano segni di erosione accelerata, una conseguenza diretta del cambiamento climatico. Lo scioglimento del permafrost – quel ghiaccio che lega e cementa le rocce in alta quota – sta destabilizzando le pareti montuose, rendendole sempre più soggette a frane e distacchi.
Subito dopo l’allarme, il Servizio Geologico della Provincia autonoma di Trento, con il supporto del Nucleo elicotteri, ha effettuato un sopralluogo tecnico. Il quadro emerso è preoccupante: l’intera cima risulta coinvolta in un dissesto in atto, caratterizzato da fratture in evoluzione e dalla presenza di ghiaccio nelle nicchie di distacco. Segni chiari che la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi.

Sentieri chiusi e ordinanze dei sindaci
Di fronte al rischio concreto di nuovi crolli, la risposta delle autorità è stata immediata. Sono state chiuse tutte le vie alpinistiche e i sentieri della zona, compresi il sentiero Benini (n. 305) e i tracciati 315, 316 e 331, oggi off-limits. L’unico accesso al Rifugio Tuckett resta quello da Vallesinella–Casinei. I sindaci dei comuni interessati, Tre Ville e Ville d’Anaunia, hanno firmato ordinanze restrittive, e l’intera area sarà oggetto di monitoraggi continui con droni e rilievi strumentali.
Circa un centinaio di escursionisti sono stati informati e evacuati verso punti sicuri come il Rifugio Stoppani e la stazione a monte della seggiovia del Grostè. Le autorità insistono su un punto fondamentale: evitare la zona e rispettare scrupolosamente i divieti. La montagna non perdona leggerezze, e la prevenzione è oggi più che mai una priorità.
Cruciani simbolo (involontario) della montagna che cambia
La presenza di Cruciani al momento del crollo ha trasformato un evento geologico in un fatto mediatico. La sua foto, divenuta virale, è stata condivisa e commentata come testimonianza diretta della nuova vulnerabilità della montagna. Involontariamente, la figura provocatoria e mediatica di Cruciani si è trasformata nel volto di un’estate in cui l’equilibrio alpino appare sempre più fragile.
Se da un lato il suo racconto ha acceso i riflettori, dall’altro ha riportato alla memoria eventi tragici del passato e ha rilanciato il dibattito sulla necessità di un approccio più responsabile alla frequentazione dell’alta quota. La montagna resta meravigliosa, ma richiede rispetto, attenzione e consapevolezza. E mentre la comunità scientifica continua a monitorare l’evoluzione del permafrost, quella fotografia resterà – forse suo malgrado – come simbolo del limite tra l’avventura e il rischio reale.