
La diffusione del virus West Nile in Italia ha sollevato preoccupazioni, con un aumento dei casi e dei decessi che ha portato il totale delle vittime a sei dall’inizio dell’anno. La situazione richiede attenzione, sebbene gli esperti invitino alla cautela piuttosto che all’allarme generalizzato.
Un virus che si espande
Il virus West Nile, noto per la sua trasmissione tramite zanzare, ha mostrato una marcata espansione geografica in Italia. Se in passato la Pianura Padana rappresentava l’area più colpita, ora si riscontra una nuova distribuzione dei focolai, con la comparsa di nuovi casi nel centro-sud, in particolare nel Lazio (Anzio e Latina) e in Campania. Nonostante questa estensione, il professor Gianni Rezza dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano sottolinea che la media nazionale dei casi e dei decessi rimane in linea con gli anni precedenti. Luglio, in particolare, è un mese in cui il virus West Nile produce molti casi, raggiungendo un picco atteso ad agosto per poi diminuire.

La situazione in dettaglio: vittime e aree colpite
Le vittime registrate dall’inizio dell’anno sono sei. Un decesso si è verificato a Novara, in Piemonte, un evento considerato insolito per la stagione ma confermato dalle analisi, probabilmente causato da una zanzara sopravvissuta all’inverno in un luogo riparato. La Campania ha registrato due decessi. Il primo è stato un uomo di 74 anni, originario di Pomigliano d’Arco, deceduto all’Ospedale del Mare di Napoli dopo un aggravamento del quadro clinico con febbre e stato confusionale, su una preesistente insufficienza renale. Il secondo, un uomo di 80 anni di Maddaloni, è morto all’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. Era affetto da gravi patologie croniche e ha sviluppato una forma encefalitica fatale.
Nel Lazio, le vittime sono tre. Un uomo di 86 anni è deceduto all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, ricoverato da inizio luglio. Altre vittime nel Lazio includono Mario Tatangelo, 77 anni, con una storia di trapianto cardiaco e insufficienza renale cronica, e Filomena Di Giovangiulio, 82 anni, in vacanza a Fondi. Le province con la maggiore incidenza di casi umani, oltre a Novara e Modena, sono Latina, Treviso e Caserta, con segnalazioni anche a Padova. In totale, 24 province in 10 regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia e Sardegna) hanno mostrato una circolazione attiva del virus.
Il meccanismo di trasmissione e i serbatoi del virus
Il virus West Nile si propaga principalmente attraverso gli uccelli migratori, che ogni anno lo reintroducono in Europa dall’Africa sub-sahariana. Questi uccelli sono i serbatoi infettivi primari. Anche gli uccelli stanziali come corvi, cornacchie e gabbiani si infettano e, a loro volta, trasmettono il virus alle zanzare, che fungono da vettori per l’uomo. Il professor Rezza evidenzia la difficoltà di prevedere le dinamiche epidemiche a causa della mancanza di dati sufficienti sulla circolazione del virus negli uccelli. Tuttavia, un indicatore cruciale è la densità delle zanzare comuni e la prevalenza dell’infezione in questi insetti. Sebbene la prevalenza attuale non sia altissima, il controllo del vettore tramite disinfestazioni, zanzariere e repellenti rimane l’azione più importante, seppur complessa da attuare in focolai già stabiliti.

Sintomi, diagnosi e prevenzione
La maggior parte delle persone infette dal virus West Nile non manifesta alcun sintomo; circa l’80% dei contagiati rimane asintomatico. Tra coloro che sviluppano sintomi (circa il 20%), si presentano generalmente in forma leggera: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati e sfoghi cutanei. I bambini spesso sviluppano una febbre leggera, mentre i giovani possono avere febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Le persone anziane e quelle immunocompromesse sono più a rischio di sviluppare sintomi gravi, che possono includere forme neuro-invasive come l’encefalite, risultate fatali in alcuni dei casi recenti.
Il periodo di incubazione del virus può variare da pochi giorni a due o tre settimane. Sintomi come la stanchezza possono persistere anche per diversi mesi. La diagnosi avviene attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) che rilevano la presenza di anticorpi IgM nel siero o nel fluido cerebrospinale. È importante notare che la positività a questi test può indicare anche una precedente infezione, poiché gli anticorpi possono persistere a lungo.
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) raccomanda diverse misure preventive per ridurre il rischio di contagio. Queste includono l’utilizzo di zanzariere su porte e finestre, l’applicazione di spray repellenti sulla pelle esposta, la rimozione dell’acqua stagnante da vasi, sottovasi e abbeveratoi per animali, il mantenimento delle piscine pulite e l’uso di pantaloni lunghi e maniche lunghe nelle aree dove la presenza di zanzare è maggiore, specialmente all’alba e al tramonto.
La risposta delle regioni e le prospettive future
Nonostante l’estensione dei focolai, il professor Rezza esprime una valutazione positiva sulla risposta delle regioni coinvolte, che hanno agito prontamente. La letalità del virus West Nile in Italia rimane nella norma, e l’identificazione dei casi più gravi, che necessitano di ricovero ospedaliero, può far apparire il tasso di letalità più elevato. L’estate è ancora lunga e il virus non scomparirà da un momento all’altro. Per questo, la vigilanza continua e il controllo del vettore rimangono essenziali nelle aree coinvolte e in quelle contigue. La situazione richiede cautela ma non un allarme generalizzato, evidenziando la necessità di misure preventive individuali e collettive per contenere la diffusione del virus.