
Il pianto di un bambino rimbomba come un allarme nelle orecchie di chi si trova nei paraggi. È un lamento sottile, spezzato, che cresce di intensità di secondo in secondo. All’interno di un’auto, ferma in un parcheggio sotto un cielo grigio e opaco, un bimbo di neppure due anni si agita sul seggiolino, le mani tese verso un finestrino che non si apre. Le sue dita picchiettano contro il vetro, mentre le lacrime gli solcano il viso paffuto. Fuori, il mondo continua a muoversi come se nulla fosse, ignaro del panico che si consuma dietro quel riflesso trasparente. Poi, una voce squarcia la normalità: un urlo di donna, disperato, ripetuto, carico di paura.
In pochi attimi, la scena diventa magnetica, calamita sguardi e passi. Alcuni passanti si avvicinano con esitazione, altri corrono, spinti dall’istinto. La madre, in evidente stato di agitazione, gesticola e implora aiuto, incapace di trovare un modo per riaprire le portiere bloccate. Il bambino continua a piangere, mentre il sole fa capolino tra le nuvole e il pensiero di quel calore che potrebbe trasformare l’abitacolo in una trappola rende ogni secondo più pesante. Si percepisce la tensione: è un attimo eterno in cui la sicurezza di un piccolo è appesa a un filo.
Paura nel parcheggio dell’ospedale di Gallipoli
Solo dopo, l’episodio si colloca nel suo contesto: è accaduto nella tarda mattinata del 29 luglio, intorno a mezzogiorno, nel parcheggio dell’ospedale di Gallipoli. La madre del bimbo, scesa dall’Audi A5, aveva provato a chiudere l’auto con il telecomando, ma un improvviso malfunzionamento del comando a distanza ha fatto scattare la chiusura centralizzata con il piccolo ancora all’interno. La donna ha lanciato l’allarme tra urla e lacrime, attirando nel giro di pochi minuti decine di curiosi e qualche soccorritore improvvisato.
Tra questi, un carabiniere in servizio, che senza attendere l’arrivo dei rinforzi ha preso in mano la situazione: con un piccolo coltellino e l’aiuto dell’auto di un soccorritore come leva, ha smontato in pochi secondi il vetro posteriore, riuscendo così a sbloccare le portiere e liberare il bambino. Fortunatamente, l’intera operazione è durata solo pochi minuti e il piccolo non ha riportato conseguenze. La temperatura, più mite rispetto ai giorni di caldo estremo, e il cielo parzialmente nuvoloso hanno evitato il peggio.
Un precedente a Bari pochi giorni prima
La scena ha ricordato da vicino un episodio avvenuto appena una settimana prima, stavolta a Bari, nel quartiere San Girolamo. In quel caso, la dinamica era stata diversa ma altrettanto carica di tensione: la madre aveva lasciato l’auto aperta, con dentro il telecomando e il figlioletto. Il piccolo, per gioco o curiosità, aveva premuto il tasto di chiusura, ritrovandosi così “prigioniero” inconsapevole.
La donna, nel tentativo di fargli riaprire le portiere, aveva provato a spiegargli come usare il pulsante, ma senza successo. Era quindi corsa a casa per recuperare la chiave di riserva, lasciando l’auto incustodita per pochi minuti. Minuti che sono sembrati interminabili: il bimbo, spaventato, aveva iniziato a piangere attirando l’attenzione di alcuni passanti. In attesa dei soccorsi, uno di loro aveva deciso di intervenire direttamente, rompendo un finestrino e permettendo la liberazione del piccolo.
Due episodi, un solo monito
Due episodi ravvicinati, due storie di paura a lieto fine, che mostrano quanto possa essere fragile la sicurezza di un bambino in auto. Bastano pochi secondi, un gesto involontario, un guasto imprevisto, perché un momento qualunque si trasformi in una corsa contro il tempo. E in entrambi i casi, la prontezza di passanti e soccorritori ha fatto la differenza, scongiurando conseguenze che avrebbero potuto essere ben più gravi.