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Seduti al bar poi la strage, attacco armato senza precedenti: decine di morti

Pubblicato: 29/07/2025 06:49

Ridevano ancora, all’ultimo tavolo rimasto pieno. Le sedie bianche di plastica erano storte, appoggiate male sull’asfalto irregolare. In alto, le luci gialle del bar scintillavano tremolanti, come ogni notte. Qualcuno aveva messo della musica, un vecchio reggaetón da cellulare. Non era un posto elegante, ma era pieno di gente: chi beveva, chi scrollava il telefono, chi parlava della domenica appena finita. Poi sono arrivate le due auto.

I pickup si sono fermati di colpo. Nessuna frenata, nessun urlo. Solo portiere che si aprono insieme, con lentezza chirurgica, e uomini in nero che scendono con le armi già in pugno. I primi colpi sono partiti verso il tavolo al centro. Poi ovunque. Chi ha provato a fuggire è caduto subito, chi ha cercato riparo dietro un ombrellone non ha avuto il tempo di voltarsi. È durato meno di due minuti.

Un attacco brutale, diciassette morti sotto i tavolini

La strage è avvenuta nella notte tra domenica 28 e lunedì 29 luglio, a El Empalme, nella provincia ecuadoriana di Guayas, nel cuore di una crisi criminale che sta devastando il Paese. Le vittime erano clienti di un bar all’aperto, sedute a bere e chiacchierare quando sono state colpite da una raffica di fucili automatici e pistole. I killer, a bordo di due veicoli, hanno aperto il fuoco all’improvviso, colpendo a caso.

Secondo la polizia ecuadoriana, l’ipotesi principale è quella di un regolamento di conti tra bande. L’azione, rapidissima e spietata, ricorda un attacco simile avvenuto appena dieci giorni fa, il 19 luglio, a Playas, dove nove persone sono state uccise a colpi d’arma da fuoco in un biliardo. Anche lì, stesso stile: arrivo improvviso, esecuzione rapida, fuga nel buio.

Guayas, cuore del nuovo potere criminale

La provincia di Guayas — e in particolare l’area intorno a Guayaquil — è l’epicentro della guerra tra cartelli che ha trasformato l’Ecuador in uno dei paesi più violenti dell’intera America Latina. Negli ultimi tre anni, le bande locali si sono trasformate in bracci armati dei narcos internazionali, contendendosi quartieri, porti e interi comuni con una violenza sistematica.

Le alleanze tra gang cambiano di continuo: oggi Los Choneros, domani Los Tiguerones, poi ancora nuovi gruppi senza nome che combattono per un angolo di banchina o per un carico di cocaina in partenza per l’Europa. In mezzo, la popolazione civile: ostaggio di un conflitto che si combatte in strada, a volto scoperto.

Il presidente Noboa: “Siamo in guerra interna”

Di fronte all’escalation, nel 2024 il presidente Daniel Noboa ha dichiarato lo stato di “conflitto armato interno”, definendo le bande criminali come organizzazioni terroristiche. L’esercito è stato mobilitato, le carceri militarizzate, i blitz moltiplicati. Ma gli attacchi come quello di El Empalme dimostrano che le risposte dello Stato non bastano.

Aumentano i comuni controllati di fatto dai clan, aumenta il numero delle stragi, aumenta la paura. E mentre i porti continuano a imbarcare tonnellate di droga verso il Nord del mondo, nei bar all’aperto dell’Ecuador si continua a morire come in una guerra invisibile.

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