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“Così inganna gli utenti”: Meta nella bufera, cosa succede davvero quando usiamo WhatsApp

Pubblicato: 30/07/2025 10:09
Garante Meta IA WhatsApp

Da marzo 2025, un nuovo elemento ha iniziato a comparire sulla schermata di WhatsApp: si tratta di Meta AI, l’assistente virtuale sviluppato dalla società di Mark Zuckerberg. La sua presenza, però, non è passata inosservata alle autorità italiane, soprattutto perché si è inserita nell’interfaccia senza un consenso esplicito da parte degli utenti. Secondo il Garante italiano della concorrenza, potrebbe trattarsi di una violazione del diritto europeo. E l’eventuale abuso della posizione dominante di Meta nel mercato delle app di messaggistica è ora oggetto di un’indagine formale.
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L’integrazione forzata che preoccupa il Garante

Il Garante Antitrust ha sollevato dubbi significativi sulla scelta di integrare Meta AI direttamente in WhatsApp, in una posizione ben visibile, ovvero nella barra di ricerca e nella schermata principale dell’app. Una collocazione che, secondo l’Autorità, “non è frutto di una scelta libera dell’utente”, ma rappresenta piuttosto una strategia commerciale invasiva, con effetti potenzialmente distorsivi sul mercato.

Meta AI è un assistente virtuale che fornisce risposte in tempo reale a domande generaliste, basandosi sulle informazioni fornite dagli utenti e affinando le proprie risposte nel tempo. Ma proprio questa capacità adattiva è una delle ragioni che spinge il Garante a intervenire: si teme che l’intelligenza artificiale, così configurata, possa creare una dipendenza funzionale e rendere difficile per gli utenti abbandonare il servizio.

L’accusa: abuso di posizione dominante

Secondo il Garante, Meta – già detentrice di una posizione dominante nel mercato dei servizi di comunicazione via app – starebbe sfruttando la propria forza per imporsi anche nel nuovo mercato dell’intelligenza artificiale conversazionale. Il rischio, si legge nella nota ufficiale, è che l’integrazione tra WhatsApp e Meta AI non avvenga sulla base del merito del servizio, ma attraverso un meccanismo di traino che favorisce l’espansione dell’ecosistema Meta a scapito dei concorrenti.

In particolare, l’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea vieta qualsiasi abuso da parte di un’impresa dominante che possa compromettere il mercato e limitare la concorrenza. E l’integrazione forzata di un nuovo strumento, senza un’opzione chiara di rifiuto, potrebbe costituire una violazione di questa norma.

Ispezioni nella sede italiana e collaborazione in corso

A confermare la gravità della questione sono le ispezioni effettuate ieri nella sede di Facebook Italy Srl, la controllata italiana di Meta. L’operazione è stata condotta dai funzionari del Garante, con il supporto del Nucleo Speciale della Guardia di Finanza, specializzato in tutela dei mercati. Gli investigatori hanno acquisito documentazione utile per chiarire le modalità di distribuzione del servizio e le eventuali responsabilità dell’azienda.

Da parte sua, Meta ha diffuso una nota attraverso una portavoce, nella quale si afferma che la società è “pienamente collaborativa con il Garante” e che l’obiettivo di Meta AI è quello di offrire gratuitamente un servizio accessibile agli utenti, “in un ambiente che conoscono, di cui si fidano e che comprendono”.

La dipendenza tecnologica come nuovo fronte regolatorio

Uno degli aspetti più rilevanti della vicenda riguarda il rischio che gli utenti diventino dipendenti da Meta AI proprio per la sua capacità di adattarsi e migliorare nel tempo, creando una personalizzazione crescente delle risposte. Questo effetto, se non accompagnato da trasparenza e possibilità di scelta, può alterare le dinamiche di libera concorrenza e ostacolare l’ingresso o la crescita di servizi alternativi.

Secondo il Garante, “il pregiudizio per i concorrenti” consiste nel fatto che Meta imporrebbe agli utenti l’utilizzo combinato di due servizi distinti – WhatsApp e Meta AI – senza che ci sia una separazione chiara o una possibilità reale di disattivare l’integrazione. In questo modo, l’azienda sfrutterebbe la propria base utenti per consolidare la presenza in un nuovo segmento di mercato, senza passare attraverso una reale competizione.

Un’indagine che può avere ripercussioni europee

L’azione del Garante italiano potrebbe rappresentare un precedente importante a livello europeo, in un momento in cui le autorità nazionali e comunitarie stanno rafforzando il controllo sulle grandi piattaforme digitali. L’indagine su Meta si inserisce in un contesto più ampio di scrutinio regolatorio nei confronti delle Big Tech, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei dati, la libertà di scelta degli utenti e la concorrenza leale.

L’equilibrio tra innovazione tecnologica e tutela del mercato si gioca oggi su fronti sempre più delicati. E la battaglia legale che si profila tra Meta e l’Autorità garante italiana rischia di diventare emblematica per l’intero settore digitale europeo.

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