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Alessandro Venier, prima l’ha ucciso poi è andata a lavoro. La terribile scoperta sulla mamma: “Come se nulla fosse”

Pubblicato: 01/08/2025 15:33

Non aveva mai dato segni di squilibrio. Una professionista stimata, conosciuta nel suo ambiente di lavoro come una figura affidabile, attenta, dotata di grande senso del dovere. Eppure, per giorni ha indossato la divisa, ha varcato l’ingresso dell’ospedale, si è occupata dei pazienti come se nulla fosse. Una calma apparente, dietro cui si nascondeva un delitto sconvolgente, un gesto che lei stessa ha definito «mostruoso».

La vicenda scuote l’intera comunità e impone una riflessione dolorosa sulla distanza tra apparenza e realtà, tra ciò che si vede e ciò che si cela dietro le mura domestiche. Lorena Venier, infermiera di 61 anni in servizio nel Distretto sanitario di Gemona, in provincia di Udine, ha continuato ad andare al lavoro anche dopo aver ucciso e fatto a pezzi il proprio figlio, Alessandro Venier, di 35 anni.

Il corpo nascosto in un bidone nella villetta

La donna, come confermano fonti investigative, ha ammesso il delitto e la successiva macabra azione di occultamento del cadavere. Il corpo del figlio è stato nascosto in un bidone, nell’autorimessa della villetta in cui vivevano, in un locale separato dall’abitazione. Per evitare che i cattivi odori potessero attirare l’attenzione, ha ricoperto i resti con calce viva.

Secondo la ricostruzione, il delitto è avvenuto lo scorso 25 luglio, ma la donna ha continuato la sua routine senza mostrare segnali che potessero insospettire colleghi o vicini. Tutto è emerso nei giorni successivi, quando le indagini hanno portato a una confessione shock, resa ancora più agghiacciante dal fatto che Lorena Venier si sarebbe avvalsa della complicità della compagna del figlio, Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni, originaria della Colombia.

Mailyn, “la figlia che non ho mai avuto”

È proprio il rapporto tra le due donne ad attirare ora l’attenzione degli inquirenti. Lorena ha descritto Mailyn come «la figlia femmina che non ho mai avuto». Un legame che, secondo il legale della donna, Giovanni De Nardo, potrebbe costituire una delle chiavi di lettura dell’intera vicenda. «Forse in questo legame eccezionale può esserci la base e la spiegazione di ciò che è accaduto», ha dichiarato il difensore, senza però entrare nei dettagli, protetti dal segreto istruttorio.

L’intera storia ha colpito profondamente l’opinione pubblica per la sua freddezza e crudeltà, ma anche per l’assoluta normalità con cui la donna ha continuato a vivere, lavorare e mostrarsi in pubblico nei giorni successivi all’omicidio. Un caso che mette in discussione le certezze, sfidando la capacità di comprendere l’abisso nascosto dietro una vita apparentemente ordinaria.

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